Vai a fare degli accertamenti in ospedale e quando torni ti ritrovi la serratura di casa cambiata e dentro un numero imprecisato di persone che ovviamente non hai mai visto. Succede a Roma, al signor Ennio che ha 86 anni ed è rimasto senza casa. Non un appartamento popolare, di quelli che purtroppo spesso vengono occupati, ma una casa di proprietà. Comprata con i risparmi di una vita.
Già così sarebbe abbastanza drammatico, aggiungiamoci il fatto che quando il legittimo proprietario dell’appartamento ha chiamato i carabinieri loro gli hanno spiegato che finché un giudice non stabilirà che chi sta dentro casa sua se ne deve andare, lui non può fare nulla. Neanche provare a rientrare, perché dovrebbe essere lui a forzare la serratura adesso.
C’è da immaginare che il suo caso non sia un unicum. Vien da chiedersi come sia possibile che uno che semplicemente vuole rientrare a casa sua debba aspettare che sia la giustizia, con i tempi che sappiamo non sono certo immediati, a consentirglielo.
È così semplice violare la legge e la proprietà privata e ritrovarsi comunque tutelati? O, per dirla al rovescio, è così difficile far valere i propri diritti? La storia di Ennio è paradigma di come il problema di una giustizia che funzioni sia stringente e possa riguardare davvero tutti. Ma spiega anche perché si assiste a un incremento della tendenza a farsi in qualche modo giustizia da soli. Che è sbagliato, ovviamente, ma non si può accettare di non sentirsi protetti su un diritto fondamentale com’è quello della casa.
di Annalisa Grandi
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