Da Luna a Marte: parla Amalia Ercole Finzi
La missione Artemis 1 è ufficialmente partita. A spiegarci obiettivi e emozioni è Amalia Ercole Finzi, meglio conosciuta come “la signora delle comete”, prima donna a essersi laureata in Italia in Ingegneria aeronautica.
| Cronaca
Da Luna a Marte: parla Amalia Ercole Finzi
La missione Artemis 1 è ufficialmente partita. A spiegarci obiettivi e emozioni è Amalia Ercole Finzi, meglio conosciuta come “la signora delle comete”, prima donna a essersi laureata in Italia in Ingegneria aeronautica.
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Da Luna a Marte: parla Amalia Ercole Finzi
La missione Artemis 1 è ufficialmente partita. A spiegarci obiettivi e emozioni è Amalia Ercole Finzi, meglio conosciuta come “la signora delle comete”, prima donna a essersi laureata in Italia in Ingegneria aeronautica.
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La missione Artemis 1 è ufficialmente partita. A spiegarci obiettivi e emozioni è Amalia Ercole Finzi, meglio conosciuta come “la signora delle comete”, prima donna a essersi laureata in Italia in Ingegneria aeronautica.
Missili seminavano morte e panico cadendo dove non avrebbero dovuto e poche ore dopo, dallo Space Kennedy Center di Cape Canaveral, un razzo carico di sogni e speranze si sollevava dal suolo puntando verso la Luna. Dopo i due tentativi falliti di settembre, ieri mattina è ufficialmente partita la missione Artemis 1, che se tutto andrà bene culminerà nel 2026 con il ritorno sul nostro satellite e l’allunaggio della prima donna e del primo uomo di colore. I loro nomi non li conosciamo ma la Nasa ha già ufficializzato queste scelte. L’obiettivo finale sarà l’installazione di una base operativa per supportare le missioni di lunga durata: una su tutte, quella su Marte.
«Io però non mi spiego una cosa» sbotta sorridendo Amalia Ercoli Finzi, meglio conosciuta come “la signora delle comete”, prima donna a essersi laureata in Italia in Ingegneria aeronautica. «Con tutte le buone lattughe che abbiamo a casa nostra, perché chi sta studiando i futuri orti lunari sostiene che sia quella cinese a crescere meglio in assenza di gravità?».
Classe 1937, la Finzi quel che pensa dice e così ha sempre fatto nel corso della sua lunga carriera costellata di successi: «La Luna – spiega – sarà il laboratorio dove estrarre il materiale necessario per ricaricare i lanciatori che una volta arrivati su Marte ci riporteranno indietro. Non solo: sfrutteremo la microgravità lunare proprio per realizzare un piccolo orto affinché gli astronauti del futuro mangino verdura fresca e non solo i cibi imbustati, che peraltro hanno il loro peso. Insomma, ci sarà tanto da fare per uomini e donne».
Una vita circondata da maschi, la sua. Anche per questo tiene tanto alla questione del gender gap, un tema per il quale si è battuta sin da ragazza quando le ripetevano: «Sono cose da uomini queste, meglio un percorso di studi che ti permetta di conciliare lavoro e famiglia». E lei ha ascoltato tutti: in primis il suo cuore, iscrivendosi al liceo scientifico dove in classe erano in 52, di cui 5 donne (e qualcuno oggi ha il coraggio di parlare di “classi pollaio”) e poi diventando madre di 5 figli («La femmina la gioia più grande, arrivata dopo quattro maschi»).
«Mia nonna mi diceva sempre: “Amalia, se devi fare un sacrificio fallo. Ma che tutti lo sappiano!”» e lei così ha fatto. Come quella volta che, unica donna in organico, venne nominata a capo del Dipartimento di Ingegneria aerospaziale del Politecnico di Milano: «Proposi l’acquisto di un piccolo aereo per poter far esercitare i nostri studenti su veri comandi e un consigliere commentò che solo una donna avrebbe potuto avere un’idea così malsana. Infatti non passò. Qualche mese dopo feci avanzare la stessa proposta da un collega. Ovviamente questa volta andò bene e io ne approfittai per ricordare a tutti che si trattava dello stesso progetto. Mi presi la mia rivincita». La stessa che poi è arrivata anche nei confronti delle cognate: «Quando i miei bambini avevano il raffreddore la colpa era mia, quando si ammalavano i loro era dell’influenza. Poi, però, le mie cognate hanno fatto di tutto perché le figlie facessero carriera all’estero. La vita mi ha dato ragione».
Tempo al tempo. E il tempo con lei è stato galantuomo, per esempio facendola nascere nel momento giusto: «Nel 1956 mi sono iscritta all’università, nel 1957 è volato lo Sputnik. Ho potuto seguire tutto il programma Apollo e l’avventura della Luna. Non potevo chiedere di meglio e pazienza se per Marte non ci sarò più». La scienziata, peraltro, ha un posto assicurato per sempre in prima fila: l’asteroide che dal 2018 porta il suo nome, “Amaliafinzi”. Dove potrebbe mai orbitare? Fra Giove e Marte, ovviamente.
di Ilaria Cuzzolin
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