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Dolore e rabbia all’ultimo saluto del quindicenne Emanuele

Un copione, un canovaccio, una routine perversa: l’ennesima giovane vita. L’ennesimo funerale. Gli ennesimi appelli

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Dolore e rabbia all’ultimo saluto del quindicenne Emanuele

Un copione, un canovaccio, una routine perversa: l’ennesima giovane vita. L’ennesimo funerale. Gli ennesimi appelli

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Dolore e rabbia all’ultimo saluto del quindicenne Emanuele

Un copione, un canovaccio, una routine perversa: l’ennesima giovane vita. L’ennesimo funerale. Gli ennesimi appelli

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Un copione, un canovaccio, una routine perversa: l’ennesima giovane vita. L’ennesimo funerale. Gli ennesimi appelli

Palloncini bianchi (e uno azzurro, con un messaggio dei genitori), lacrime, urla, una folla gremita e nessun rappresentante delle istituzioni. Soprattutto, un’omelia potente, di accusa, dell’Arcivescovo di Napoli, Monsignor Battaglia. E’ stato un pomeriggio straniante, doloroso, corrosivo quello vissuto nel cuore della Sanità per il funerale di Emanuele Tufano, il 15enne ucciso con un colpo di pistola durante una rissa tra bande al centro storico di Napoli, la scorsa settimana. I genitori si sono seduti dinanzi alla bara del ragazzo, così i suoi amici, andando a formare un cerchio del dolore, prima del via all’esequie, con l’atto di accusa dell’Arcivescovo di Napoli.

“Un copione, un canovaccio, una routine perversa: l’ennesima giovane vita. L’ennesimo funerale. Gli ennesimi appelli. L’ennesima indifferenza e impotenza. L’ennesima voglia di non parlare, di non dire nulla poiché nulla è rimasto da dire e il tempo delle parole è ormai finito. Perché non ci sono parole che possono lenire il dolore di due genitori, di una famiglia che vede spezzata la vita del proprio figlio”, è la prima parte dell’omelia, che poi incalza: “Quindici anni. Un’età in cui si sogna, si scopre il mondo, si costruiscono speranze. E invece, oggi ci troviamo di fronte a una morte assurda che lascia dentro di noi un vuoto terribile e uno sconcerto che sembra non passare.

Ci chiediamo il perché. Perché tanta violenza? Perché dei ragazzi uccidono? Cosa e dove stiamo sbagliando? Perché molti nostri giovani sembrano essere attratti da appartenenze oscure piuttosto che da possibilità di luce e di bene?”, prosegue l’omelia dell’Arcivescovo, “E noi adulti siamo ancora capaci in questa città di testimoniare queste possibilità, di accogliere e raccogliere il grido disperato e inconsapevole di tanti suoi figli? Queste domande ci abitano il cuore, e spesso restano senza risposte”, un altro passaggio dell’omelia dell’Arcivescovo di Napoli. Riflessioni e dolore, poi il passaggio più potente, doloroso dell’omelia, rivolto agli amici di Emanuele e ai ragazzi di Napoli che si affidano alle armi: “Un ultimo messaggio lo rivolgo a quei ragazzi che credono di risolvere tutto con la violenza: vi prego, deponete le armi, abbandonate la logica del sopruso e della prepotenza e lasciatevi raggiungere, educare ed accompagnare da chi crede ancora in voi, da chi vede nel vostro cuore un punto sacro e accessibile al bene. Perché è in gioco la vostra vita e cambiare è possibile”.

Di Nicola Sellitti

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