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Inutile cercare un movente nella tragedia di Elena Del Pozzo

Il figlicidio della piccola Elena Del Pozzo fa scaturire il terrore che si prova di fronte a qualcosa di inumano. Una sensazione terribile che spinge anche a cercare un movente. Ma è tutto inutile, non c’è movente, non c’è spiegazione. Bisogna solo cancellare la madre.
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Inutile cercare un movente nella tragedia di Elena Del Pozzo

Il figlicidio della piccola Elena Del Pozzo fa scaturire il terrore che si prova di fronte a qualcosa di inumano. Una sensazione terribile che spinge anche a cercare un movente. Ma è tutto inutile, non c’è movente, non c’è spiegazione. Bisogna solo cancellare la madre.
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Inutile cercare un movente nella tragedia di Elena Del Pozzo

Il figlicidio della piccola Elena Del Pozzo fa scaturire il terrore che si prova di fronte a qualcosa di inumano. Una sensazione terribile che spinge anche a cercare un movente. Ma è tutto inutile, non c’è movente, non c’è spiegazione. Bisogna solo cancellare la madre.
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Il figlicidio della piccola Elena Del Pozzo fa scaturire il terrore che si prova di fronte a qualcosa di inumano. Una sensazione terribile che spinge anche a cercare un movente. Ma è tutto inutile, non c’è movente, non c’è spiegazione. Bisogna solo cancellare la madre.
Improvvisamente il flusso delle notizie di guerra, che da mesi occupa le prime pagine dell’informazione, è passato in secondo piano. Esplosiva, come solo certe vicende possono essere, una storia di assurda violenza si è delineata, con i suoi scenari orribili; una storia alla quale ci si accosta con il timore di violare il limite oltre il quale il viso di un bambino impone di fermare la curiosità, di dissolvere la cruda durezza del fatto. Il nome non importa, neppure il sesso. Il luogo? Italia. Inutile ogni particolare su come sia stata inferta la morte. Dunque? Non sarebbe meglio voltare la pagina e andare oltre? Non sarebbe più logico tornare a occuparci di quelle notizie che hanno da mesi indotto un rammarico globale, per l’insipienza di chi considera la guerra un modo di comunicare? Probabilmente è ciò che avverrà o che già sta avvenendo perché il desiderio di conoscere è mosso dalla curiosità, che è uno stimolo che si alimenta di ciò che è sostenibile. Quanto avvenuto va oltre, conduce nello spazio dove i clamori si placano e il silenzio s’impone; l’uomo si ferma e rinuncia: rimuove il pensiero. È corretto? Prescindere è una scelta ragionevole? Serve, probabilmente, ad attenuare il timore che si profila ogni volta che ci troviamo di fronte ad azioni che spaventano: quello di poter scivolare al di là di ciò che è umano. La cronaca, dunque. Una madre ha abbracciato la sua bambina, la bambina si abbandona al contatto rassicurante. Il suo viso esprime felicità; quello della donna è invece privo di espressione, come se fosse immersa in un pensiero annichilente. All’improvviso, spietatamente colpisce con fredda, intransigente durezza. Indifferente alle parole, allo sguardo. Pochi secondi e tutto è finito: sola, la madre si allontana dal campo di erba secca. Intorno la vita continua. Per un istante si era fermata, ma è stato brevissimo. Inutile cercare un movente: non esiste. La spiegazione? Non serve. Che fare? Solo cancellare la madre. Di Cesare Cicorella

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