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Gallipoli simbolo dell’Italia che ama farsi del male

E così quest’estate a Gallipoli non c’è nessuno. Tutto è relativo, intendiamoci, ma rispetto alle estati ruggenti siamo al deserto dei tartari

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Gallipoli simbolo dell’Italia che ama farsi del male

E così quest’estate a Gallipoli non c’è nessuno. Tutto è relativo, intendiamoci, ma rispetto alle estati ruggenti siamo al deserto dei tartari

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Gallipoli simbolo dell’Italia che ama farsi del male

E così quest’estate a Gallipoli non c’è nessuno. Tutto è relativo, intendiamoci, ma rispetto alle estati ruggenti siamo al deserto dei tartari

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E così quest’estate a Gallipoli non c’è nessuno. Tutto è relativo, intendiamoci, ma rispetto alle estati ruggenti siamo al deserto dei tartari

E così quest’estate a Gallipoli non c’è nessuno. Tutto è relativo, intendiamoci, ma rispetto alle estati ruggenti che lanciarono una moda in grado di scalzare per un breve periodo addirittura Rimini e Riccione, siamo al deserto dei tartari.

Noia, disaffezione, la concorrenza albanese che già l’anno scorso fece vedere qualche sorcio verde di troppo alla Puglia? Nulla di tutto questo, ma un “fantastico”, incredibile e perfetto autogol.
A Gallipoli è praticamente impossibile raggiungere la meravigliosa spiaggia, senza sobbarcarsi diverse centinaia di metri sotto il sole dardeggiante rigorosamente a piedi.
Non fa alcuna differenza che tu sia una mamma o un papà con bambini, carrozzini, palloni e ombrelloni al seguito, un attempato turista arrivato da migliaia di chilometri di distanza o un ragazzo dell’ormai appassita movida della zona.

Errori di progettazione della strada d’accesso al litorale, i soliti ritardi all’italiana, idee anche buone all’origine, ma dallo sviluppo quantomeno rivedibile: il risultato è una stagione praticamente da buttare. Incredibile, considerato il recente passato e le potenzialità semplicemente spettacolari di quel pezzo d’Italia.

Emblema perfetto di un Paese che ama farsi male, procedere per stop and go a voler essere ottimisti o – se più realisti – facendo un passo avanti e tre indietro.
Continuiamo a dormire sugli allori di una bellezza impareggiabile, di un nome e di un brand che non hanno paragoni possibili nell’orbe terracqueo. Quando si tratta di mettere a punto l’industria del turismo manchiamo clamorosamente.

Offerta sempre uguale, servizi scadenti, la figuraccia interplanetaria dei taxi introvabili nelle grandi città, prezzi folli, la fastidiosa tendenza a voler sempre fregare il turista specialmente se straniero.
Un rosario di errori, mancanze e cocciutaggine da far impazzire chi come noi ama il nostro Paese e la sua bellezza senza eguali.

Solo che la bellezza in quanto tale non basta, nel mondo di oggi non basta più. Ci vuole molto meno di una volta per metterci in difficoltà, se non superarci di slancio pur potendo contare su una frazione della storia, della tradizione, della natura e del fascino che ci contraddistingue nel mondo.

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