Le 29 vittime dell’incidente di Rigopiano del 18 gennaio 2017 sono ancora in attesa di giustizia. Di rinvio in rinvio la prescrizione è ad un passo e la giustizia sempre più fallace.
D’imprevedibile (a volte) c’è la catastrofe, di prevedibilissimo invece tutto quel che segue. Titoloni in prima pagina, pensosi editoriali all’insegna del «Mai più!», pagine e pagine di cronaca dettagliata che col passare dei giorni assume le tinte fosche della necrofilia. Entra in scena la magistratura inquirente, che spesso non lavora in silenzio.
Ecco puntuali sui giornali le trascrizioni delle intercettazioni dei protagonisti: possono non avere rilevanza giudiziaria (ed è una vergogna) oppure averne parecchia (ed è vergogna ancora maggiore). Per non apparire lassista, la Procura di turno indaga decine di persone, ipotizzando i reati più gravi anche se in assenza di qualsivoglia prova.
Il tempo scolora tutto, il giornalismo antropofago volge altrove i suoi appetiti, la nostra memoria si fa flebile. Trascorrono gli anni. Conclusosi da tempo il sommario processo mediatico, è venuta meno l’urgenza del processo vero e proprio.
Il 18 gennaio 2017 una slavina si è abbattuta su un albergo a Rigopiano, uccidendo 29 persone. Di rinvio in rinvio, sono ancora in attesa di giustizia. Il processo non potrà che iniziare dopo aprile, avendo il gup concesso altri tre mesi di rinvio ai “super periti” (sempre super, mi raccomando) chiamati a stabilire con certezza scientifica le eventuali responsabilità. La prescrizione è a un passo. Aveva capito tutto Fabrizio De André: «Prima pagina venti notizie / ventuno ingiustizie e lo Stato che fa / si costerna, s’indigna, s’impegna / poi getta la spugna con gran dignità».
di Vittorio Pezzuto
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Tag: cronaca
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