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I furbetti della maturità e l’ascensore

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Il ministro della Pubblica istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha reagito alla “trovata” dello studente che si è rifiutato di sostenere la prova orale dell’esame di maturità come un preside dei miei tempi

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I furbetti della maturità e l’ascensore

Il ministro della Pubblica istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha reagito alla “trovata” dello studente che si è rifiutato di sostenere la prova orale dell’esame di maturità come un preside dei miei tempi

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I furbetti della maturità e l’ascensore

Il ministro della Pubblica istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha reagito alla “trovata” dello studente che si è rifiutato di sostenere la prova orale dell’esame di maturità come un preside dei miei tempi

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Il ministro della Pubblica istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha reagito alla “trovata” dello studente che si è rifiutato di sostenere la prova orale dell’esame di maturità come un preside dei miei tempi. Sia detto con il massimo rispetto delle personali memorie scolastiche e di anni a cui siamo tutti sentimentalmente legati.

Detto ciò, resta una reazione asincrona: il giovanotto di belle speranze che ha avuto la prontezza di riflessi della “trovata” di cui sopra andrebbe subito arruolato per corsi di comunicazione e marketing, avendo avuto la capacità – tanto per cominciare – di scovare il punto debole del regolamento (cosa che non gli si può essere imputata ed è semmai responsabilità di chi ha scritto le norme di svolgimento dell’esame), sfruttandolo con prontezza e intelligenza per regalarsi i classici 15 minuti e più di celebrità.

Un ragazzo sveglio, a cui contrapporre una severità di facciata è del tutto inutile. Quello che avrebbe dovuto fare il ministro, ciò che dovrebbe soprattutto fare il mondo degli adulti è prendere atto che l’esame di maturità è un rito di passaggio ormai solo simbolico.
È l’abusata “notte prima degli esami”, l’agitazione di mamma e papà, i nonni che si torcono le dita e preparano manicaretti e super regali per i prodi nipotini.

Da un punto di vista scolastico, l’esame è una formalità e come tale tende a premiare i più scarsi rispetto ai più bravi. Finisce per dare molta meno soddisfazione a chi si è impegnato di più, mentre costituisce un ostacolo risibile per chiunque abbia una preparazione appena sufficiente e un po’ di neuroni attivi.

Ai nostri ragazzi – smettendola di catalogarli come una massa indistinta fatta di rimbecilliti dietro gli smartphone e per nulla interessati al loro futuro – dovremmo garantire una scuola selettiva e premiante.
Fatta di stimoli, cose nuove, orizzonti inesplorati dalle nostre generazioni cresciute in un mondo analogico che non esiste più. Dovremmo solleticare la loro fantasia, la voglia di sorprenderci, di inventare e osare. Magari non per divertirsi alle spalle dei vecchi tromboni saltando l’orale della maturità.

Dovremmo costruire una scuola che torni a fare il suo mestiere: insegnare e costruire donne e uomini, per piazzarli in un ascensore sociale. Saranno poi i ragazzi a decidere se pigiare o meno i bottoni e a quale piano fermarsi.

L’ascensore, però, è affar nostro e con queste metodologie novecentesche al massimo gli tranciamo i cavi

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