I social e il senso del limite
| Cronaca
La morte della titolare della pizzeria lombarda. Ogni notizia di cronaca diventa quasi automaticamente un’occasione per provare a costruire la notizia virale sui social e non solo

I social e il senso del limite
La morte della titolare della pizzeria lombarda. Ogni notizia di cronaca diventa quasi automaticamente un’occasione per provare a costruire la notizia virale sui social e non solo
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I social e il senso del limite
La morte della titolare della pizzeria lombarda. Ogni notizia di cronaca diventa quasi automaticamente un’occasione per provare a costruire la notizia virale sui social e non solo
| Cronaca
Prudenza, equilibrio, calma, contare fino a 100 se necessario. Tutte norme di banale buon senso che quando ho cominciato a fare questo mestiere costituivano puri comandamenti.
Venivano inculcati dai direttori, dai caporedattori, in sostanza da chiunque avesse più esperienza del giovane giornalista o cronista per natura ed età un po’ “garibaldino“.
Oggi sembra che si siano completamente persi questi riferimenti. Ogni notizia di cronaca, anche la più ripetitiva e quella in tutta franchezza meno clamorosa, diventa quasi automaticamente un’occasione per provare a costruire la notizia “virale“ (senza badare alla sostanziale negatività etimologica del termine).
Il fatto di cui tutti parleranno e su cui tutti sentiranno di dover dire qualcosa. Pericoloso, pericolosissimo.
La vicenda è tutta da chiarire e non aggiungerò una parola (sarebbe in ogni caso imprudente, appunto) sulla morte della titolare della pizzeria lombarda assurta agli “onori” di Tv, giornali e online per una vicenda legata a una presunta recensione contro clienti gay e disabili. Questa stessa recensione è stata poi messa pesantemente in discussione in rete, in un meccanismo infernale che ben conosciamo.
La vicenda, tragica di suo, imporrebbe a tutti un severo esame di coscienza. Tanto per cominciare a tutti quelli che hanno pensato di emettere sentenze, di sapere con assoluta e granitica certezza cosa fosse accaduto, dove fossero i torti e le ragioni. Le vergogne reali e quelle presunte.
A me non interessa proprio niente di quella recensione, perché davanti alla morte ci si ferma. Punto.
Il lutto e il dolore dovrebbero essere anche un’occasione di riflessione, in un mondo che ha smesso di ragionare, di pensare, di valutare e – come scrivevamo in apertura – di contare se necessario fino a 100 o molto di più quando necessario. Prima di rischiare di distruggere le persone, quand’anche avessero commesso degli errori. Invece è tutta una corsa al giudizio, al dito puntato. In una sorta di imperativo categorico che tanta gente in rete non sembra avere gli strumenti per contrastare. In poche parole: ma chi credete di essere?
Non parlo solo di giornalisti, opinionisti e influencer, per carità. Parlo della moltitudine che finisce per costruire quella pressione talvolta del tutto insostenibile.
In particolar modo per chi non vi è preparato, formato, magari abituato. Fa fatica Chiara Ferragni, figurarsi una persona “normale”. Potrà avere sbagliato, forse no e magari non lo sapremo mai. Di sicuro una donna è morta in circostanze che lasciano attoniti, al solo pensiero dell’inferno scatenato dentro di lei da una baraonda alimentata con glaciale indifferenza da tanti.
di Fulvio Giuliani
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- Tag: Evidenza, social media
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