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I violenti soffocano le manifestazioni per la Palestina

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I violenti soffocano le manifestazioni per la Palestina. Molta facciata, poca sostanza e grandi dividendi di immagine

I violenti soffocano le manifestazioni

I violenti soffocano le manifestazioni per la Palestina

I violenti soffocano le manifestazioni per la Palestina. Molta facciata, poca sostanza e grandi dividendi di immagine

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I violenti soffocano le manifestazioni per la Palestina

I violenti soffocano le manifestazioni per la Palestina. Molta facciata, poca sostanza e grandi dividendi di immagine

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La posizione di chi vorrebbe anche da parte dell’Italia il riconoscimento formale dello Stato di Palestina, sull’onda di un numero ormai elevatissimo di Paesi, è molto popolare.

Poi ci sono gli imbecilli e i violenti, che ieri hanno spaccato vetrine, cercato di bloccare treni, strade e autostrade a Milano e Roma. Violenti incappucciati e di nero vestiti che conosciamo bene e costituiscono una bomba a orologeria nelle manifestazioni convocate e animate da una grandissima maggioranza di cittadini indignati e appassionati e lontanissimi da qualsiasi idea di violenza.

Tornando al riconoscimento della Palestina, a nessuno o quasi sfugge la dimensione: pura pressione diplomatica, nella consapevolezza dell’impossibilità di ottenere risultati pratici di rilievo in tempi sia brevi che, ahi noi, lunghi.

Consci di sfidare una consistente impopolarità, dunque, consideriamo altresì comprensibile la scelta dei governi di Germania e Italia di non procedere al riconoscimento formale. Non per una sorta di codardia o opportunismo peloso, ma ricordando qualcosa di molto più profondo e cruciale quando si parla di noi e dei tedeschi in relazione a Israele e agli ebrei. La storia non si cancella, la storia conserva tutti i suoi moniti e ha il compito di ricordare anche ciò che non si può dimenticare.

Germania e Italia non sono e non saranno mai, nei confronti di Israele, il Portogallo o il Canada.
Non è eccesso di prudenza, timore delle reazioni del governo di Benjamin Netanyahu, si tratta di un messaggio al popolo israeliano.
Chi si è macchiato dell’indicibile – noi – ha il dovere di ricordare e proprio ricordando di lavorare perché la società di Israele sappia alzare la voce, ritrovare se stessa e chieder conto al proprio governo della follia senza futuro e sbocco a cui stiamo assistendo.

Proprio perché ricordiamo la nostra infamia, il nostro guardare dall’altra parte o addirittura l’aver partecipato con convinzione al più grave crimine della storia dell’umanità, crediamo che Germania e Italia abbiano il dovere di una prudenza diversa.

Senza dimenticare che il passo diplomatico a favore dei palestinesi non risulta neppure particolarmente difficile o costoso: come detto, una buona parte della pubblica opinione applaudirebbe, le conseguenze diplomatiche in sostanza sono nulle e la stessa amministrazione Usa fa poco più che spallucce. Insomma, molta facciata, poca sostanza e grandi dividendi di immagine.

Ben più impegnativo e a oggi rebus irrisolvibile capire come costringere Netanyahu e il suo governo di estremisti a presentare una soluzione che vada oltre i bombardamenti, i tank in strada a Gaza City e le ruspe per preparare il folle progetto immobiliare del ministro Smodrich.
Questo sì che è difficile.

Il riconoscimento dello Stato di Palestina, in questo contesto si intende, ha un’aura di scelta un po’ troppo social.
Ti mette nella lista dei buoni, a basso costo, ma abbiamo un disperato bisogno di concretezza.

Di Fulvio Giuliani

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