Proiettili, soldi, droga. A Caivano il vaso di Pandora è stato aperto. A pochi giorni dalla visita della presidente del Consiglio Meloni è infatti scattato il blitz interforze al Parco Verde. Quattrocento uomini per controllare appartamenti e cantine: un’operazione senz’altro importante e necessaria.
Soltanto che, come quasi sempre accade, arriva sull’onda emotiva della terribile storia dello stupro di due ragazzine. Esattamente come quando era stato sgomberato l’ex Hotel Astor a Firenze a seguito della scomparsa di Cata. Sembra insomma che il risalto mediatico di certi avvenimenti funzioni da propulsore perché si decida finalmente di intervenire in situazioni che in realtà sono arcinote da diversi anni.
Oggi ripulire non è sufficiente e non significa certo riportare la legalità. Perché si tratta di aree dove la criminalità e la violenza sono diventate parte del tessuto sociale. Aree che necessitano sì di interventi massicci, ma soprattutto di presidi. Intesi non soltanto come caserme ma anche come scuole, luoghi di aggregazione, associazioni che provino a offrire un’alternativa alla vita di strada. Soprattutto ai più giovani, proprio quelli che purtroppo sono stati i protagonisti di questi recenti fatti di cronaca.
Occorre dar loro la percezione che vivere non è sopravvivere, che può esistere un futuro diverso da quell’illegalità che respirano fin da bambini. Questa è l’unica speranza, per Caivano e non solo. E certamente non passa soltanto dai blitz.
di Annalisa Grandi
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