Il legale di Jennifer: l’omicidio del bimbo non riconosciuto. Troppe ideologie
Giulia e Jennifer unite dallo stesso destino. L’avvocato che seguì il caso Zacconi: “Niente omicidio per il bimbo, forse qualcuno teme si possa incrinare il diritto all’aborto”
Giulia come Jennifer, Thiago come Hevan. Nessuna delle due aveva più di 30 anni, entrambe da lì a poco avrebbero stretto tra le loro i braccia i rispettivi figli. La prima era al settimo mese di gravidanza, alla seconda mancavano due settimane appena. Unite dallo stesso terribile destino: morte ammazzate da chi diceva di amarle.
Abbiamo intervistato l’avvocato Francesco Schioppa, il legale che assistette la famiglia della ragazza che, nel 2006 venne presa a calci e pugni e sepolta che ancora respirava. Sul referto autoptico si legge: “strappati tutti i capelli, spaccata la spina dorsale”. A ucciderla fu Lucio Niero, che proprio da poco si è messo in contatto con il suo studio legale per provare a coprire una parte dell’indennizzo risarcitorio mai versato alla famiglia. Un gesto dettato probabilmente dal desiderio di ottenere qualche sconto di pena o beneficio penitenziario.
Avvocato Schioppa sono passati 17 anni. La storia si ripete. Cosa ha pensato quando ha sentito del caso di Giulia Tramontano, immagino il ricordo sarà andato alla povera Jennifer?
Certo che sì. Prima che un avvocato sono un uomo e anche un padre. Sono casi molto coinvolgenti a livello umano. Resta sempre il rimpianto, il rammarico, di non aver potuto agire prima, che nessuno abbia percepito la pericolosità di quest’uomo. Ti chiedi sempre se magari non si sarebbe potuto fare qualcosa per evitare la tragedia.
Nel caso di Jennifer ci furono segnali inascoltati?
Dei segnali ci furono ma mai così chiari da far pensare a un esito tanto tragico. Come sempre accade anche nei femminicidi, l’ultimo appuntamento è quello più pericoloso e sul quale, magari, le stesse vittime ripongono più aspettative e speranze. Ecco, questo ultimo appuntamento bisogna assolutamente evitarlo.
Alessandro Impagnatiello, il ragazzo che ha confessato di aver ucciso la fidanzata Giulia al settimo mese di gravidanza, è ora indagato per omicidio volontario e interruzione di gravidanza non volontaria, gli stessi capi d’accusa per cui Lucio Niero è stato condannato a 30 anni di reclusione.
La nostra battaglia all’epoca era per far riconoscere l’omicidio anche del bambino perché si trattava poi di una gravidanza sostanzialmente alla fine. Il bambino era perfettamente formato e le perizie stabilirono che sarebbe stato in grado di sopravvivere qualora fosse stato fatto nascere. Per questo abbiamo combattuto per ottenere l’omicidio anche del bambino. E’ chiaro che sarebbe stata una cosa abbastanza rivoluzionaria ma ci furono e ci sono delle resistenze di varia natura. Definiamole contrapposizioni ideologiche che con la legge non c’entrano nulla.
In che senso avvocato Schioppa? Perché il nostro ordinamento fa così fatica a stabilire a chiare lettere che Hevan ieri e Thiago oggi fossero essere viventi con tutto ciò che ne consegue?
Probabilmente perché andiamo a sconfinare e a toccare in modo tangenziale la legge sull’interruzione di gravidanza che però, in casi come questi, non c’entra assolutamente niente, eppure evidentemente rappresenta un punto sensibile dello scontro fra contrapposte ideologie. L’unica spiegazione che mi do è che qualcuno tema che con l’ammissione della natura di omicidio per questo tipo di reati (l’omicidio di un bambino ormai formato ma pur sempre nella pancia della madre ndr) si possa incrinare il diritto dell’interruzione di gravidanza da parte delle donne.
Ma sono due casi completamente diversi.
Verissimo, totalmente distanti, anche come tempi. Nei casi di Jennifer e Giulia subentrano poi il dolo, la volontà, la determinazione. L’interruzione di gravidanza ha limiti temporali ben precisi per cui nessuno dovrebbe poter accostare le due cose.
Sono passati tanti anni dall’omicidio di Jennifer. Crede che questo nuovo caso possa indurre il legislatore a introdurre delle novità?
Il legislatore o anche la sensibilità dei nostri magistrati che certe volte ne anticipano il lavoro. Non si può ignorare che nel caso di Jennifer, come immagino in quello di Giulia, ci fu dolo. Nello specifico, la volontà di uccidere le ragazze per uccidere anche il bambino che portavano in grembo.
Ed è quello che a suo tempo, lei e il suo team di avvocati, riuscì a fare. Non ci fu la condanna per duplice omicidio ma si arrivò fin dove si poteva arrivare.
Sì diciamo che è stato un risultato intermedio, ecco. Siamo riusciti a ottenere che la morte del bambino non venisse totalmente ignorata ma fosse considerata anch’essa dall’ordinamento giuridico come reato. Si è trattato di un successo anche se non siamo arrivati al punto di ottenere che Hevan fosse riconosciuto come persona (ma come feto sicuramente sì). Ma qualcosa doveva essere fatto perché fu un caso troppo eclatante .
Alcuni direttori di giornali decisero di pubblicare la foto del piccolo, subito dopo l’autopsia, per dimostrare all’opinione pubblica che dibatteva sul caso che Hevan era un bambino a tutti gli effetti e come tale doveva essere considerato. Cosa pensò di questa iniziativa?
Da un lato fu un’azione irrispettosa nei confronti dei familiari del bambino che aggiunse dolore per la mancata nascita. Per loro, vede, non si trattava solo di un feto ma aveva già una sua identità, un nome. Era questione di due settimane e tutto e tutti erano già pronti ad accoglierlo. Non è stata uccisa solo la madre ma anche il bambino.
Come pensa si muoveranno ora gli inquirenti e gli avvocati che seguiranno la famiglia di Giulia Tramontano?
Penso che concentreranno la loro attenzione sulla volontà di uccidere proprio perché non nascesse il bambino. Quindi la presenza di un dolo duplice: non solo per l’omicidio della fidanzata ma anche perché il loro bambino non restasse in vita. Anche in questo caso, come in quello di Jennifer, non un evento secondario né fortuito. La mancata nascita è stato un evento volontario, alla base, per quello che ne so, della decisione di uccidere.
Niero prese il massimo della pena ed è probabile che a Impagnatiello spetti un destino simile. Qualora venisse riconosciuto il duplice omicidio la condanna non potrebbe comunque superare questa soglia come stabilito dal nostro ordinamento. Perché allora insistere con questa battaglia che resta, lo abbiamo detto, soprattutto ideologica?
I soldi non c’entrano, anche perchè per queste famiglie sono solo una magra consolazione. Tanto più che questi personaggi, di solito, non hanno nemmeno un patrimonio sul quale rivalersi. Io penso sia soprattutto una questione di giustizia, per il fatto che non una vita, ma due vite siano state scisse.
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
-
Tag: Evidenza, femminicidio
Iscriviti alla newsletter de
La Ragione
Il meglio della settimana, scelto dalla redazione: articoli, video e podcast per rimanere sempre informato.