Luca Morisi non verrà assolto, per la semplice ragione che non finirà nemmeno a processo. Sembra infatti – a dar retta al “Corriere della Sera”, spesso in anticipo sulla concorrenza nel dare notizie riservate su fatti di giustizia – che la Procura di Verona chiederà a breve l’archiviazione, motivata dalla «particolare tenuità del fatto», del fascicolo sulla notte di sesso e droga che costò al leghista non tanto le sue dimissioni dal partito ma dallo stesso consesso civile. Lo scorso agosto era stato infatti indagato dopo che i Carabinieri, su segnalazione di due giovani romeni con i quali si era intrattenuto in un festino, avevano scoperto nella sua casa di Belfiore una piccola quantità di cocaina.
Nessun processo quindi, ma sentenza già eseguita. L’ideatore della “Bestia” salviniana è stato infatti sputtanato a oltranza dalle anime belle del giornalismo e della politica. Ne fecero brandelli. Il mostro indifeso era un cinghialetto dai costumi sessuali e personali troppo gustosi per essere risparmiato dai moralisti un tanto al voto che amano cianciare di gender e tolleranza. Intendiamoci, non dimentichiamo il lavoro ripugnante svolto da Morisi, lesto a sfruttare sui social ogni bassezza pur di sfruttare bassamente le bassezze umane. Ma proprio per questo ammonimmo subito e solitari, su queste pagine, che il bastone mediatico che l’aveva colpito non poteva essere tollerato. Quel bastone lo conosciamo bene ed è una porcheria, chiunque ne sia vittima. Adesso qualcuno abbia la decenza di scusarsi.
di Vittorio Pezzuto
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