La condanna non sia ostacolo al negoziato
Il sergente 21enne è stato condannato all’ergastolo da un tribunale ucraino per aver ucciso un civile disarmato. Si tratta del primo processo per crimini di guerra dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina.
| Cronaca
La condanna non sia ostacolo al negoziato
Il sergente 21enne è stato condannato all’ergastolo da un tribunale ucraino per aver ucciso un civile disarmato. Si tratta del primo processo per crimini di guerra dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina.
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La condanna non sia ostacolo al negoziato
Il sergente 21enne è stato condannato all’ergastolo da un tribunale ucraino per aver ucciso un civile disarmato. Si tratta del primo processo per crimini di guerra dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina.
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Il sergente 21enne è stato condannato all’ergastolo da un tribunale ucraino per aver ucciso un civile disarmato. Si tratta del primo processo per crimini di guerra dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina.
Il punto non è se la condanna all’ergastolo sia meritata, ma se sia opportuna. Abbiamo già scritto, quando il processo è iniziato, che lo consideravamo inopportuno: con la guerra ancora in corso non è la giustizia del Paese aggredito a potere regolare i conti con l’invasore e i suoi soldati.
Le prove dei crimini di guerra devono essere raccolte, perché quello sarà un capitolo importante e futuro. Quel soldato ha ucciso un civile disarmato, senza che ve ne fosse motivo. È mille volte condannabile ma la sentenza deve, ora, essere parte del negoziato, non un ostacolo a che si sviluppi. Tanto più che, per quanto esecrabile sia il reato commesso, è nulla rispetto alla criminale aggressione e alle sue tragiche conseguenze.
E se i prigionieri di guerra sono a loro volta oggetto di un possibile scambio, così come sembra sia stato negoziato per i combattenti ucraini arresisi all’Azvostal, quella singola condanna (all’ergastolo) esula dalle faccende militari e sarebbe conveniente preludesse a una riconsegna del criminale ai suoi criminali mandanti.
Ove così non fosse assisteremmo ad analoghi processi, da parte russa, condotti in condizioni inammissibili e coinvolgenti centinaia di soldati. A quel punto, certo, si potrà sostenere che la giustizia ucraina e quella russa non possono essere messe sullo stesso piano – come non lo sono l’Ucraina e la Russia – ma ci si muoverebbe su un terreno molto scivoloso. In ogni caso non c’è ragione alcuna di offrire una sponda alla propaganda del Cremlino.
La Redazione
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