Indagine per evasione fiscale: la Guardia di Finanza sequestra 1,2 miliardi in azioni al gruppo Campari
La Guardia di Finanza di Milano sequestra azioni ordinarie della Davide Campari per un totale di 1,2 miliardi di euro. Ecco perché
Indagine per evasione fiscale: la Guardia di Finanza sequestra 1,2 miliardi in azioni al gruppo Campari
La Guardia di Finanza di Milano sequestra azioni ordinarie della Davide Campari per un totale di 1,2 miliardi di euro. Ecco perché
Indagine per evasione fiscale: la Guardia di Finanza sequestra 1,2 miliardi in azioni al gruppo Campari
La Guardia di Finanza di Milano sequestra azioni ordinarie della Davide Campari per un totale di 1,2 miliardi di euro. Ecco perché
I finanzieri del comando provinciale della Guardia di Finanza di Milano, su disposizione della procura di Monza, hanno sequestrato – si tratta di un decreto di sequestro preventivo – azioni ordinarie della Davide Campari per un totale di 1,2 miliardi di euro per i reati di “dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici” e per “responsabilità amministrativa delle persone giuridiche”.
Campari e l’indagine per evasione fiscale
L’indagine riguarda una possibile evasione fiscale. E porta con sé molte conseguenze, economiche ma non solo.
Le azioni sono detenute dalla holding di diritto lussemburghese Lagfin S.C.A., principale azionista della Davide Campari-Milano.
Tale indagine è stata sviluppata dal nucleo di polizia economico-finanziaria di Milano e parte da una verifica fiscale nei confronti della holding.
Cosa sappiamo
Secondo le informazioni, Lagfin S.C.A. – a seguito di un’operazione straordinaria di “fusione per incorporazione” – avrebbe assorbito la propria controllata italiana, detentrice del pacchetto azionario di maggioranza di Davide Campari Milano.
All’atto della fusione però – a quanto pare – non sarebbero state dichiarate le plusvalenze da “exit tax”. Per una valore totale che supera i 5,3 miliardi di euro.
Tali plusvalenze erano maturate in capo alla società italiana oggetto di incorporazione ma non tassate al momento della loro fuoriuscita dal territorio nazionale, come invece prevede la normativa fiscale.
In particolare – secondo quanto reso noto finora – il gruppo societario, attraverso una serie di complesse operazioni, ha solo formalmente trasferito gli asset, detenuti dalla società italiana a una branch domestica neo costituita, mentre la gestione effettiva del ramo d’azienda finanziario veniva esercitata a livello di casa madre estera.
Il maxi sequestro è stato eseguito attraverso l’apposizione del vincolo sulle azioni ordinarie della società partecipata dalla holding. Il tutto, fino a concorrenza dell’importo disposto nel decreto. Tale importo corrisponde all’imposta non versata all’atto del trasferimento all’estero della società incorporata.
di Mario Catania
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