AUTORE: Annalisa Grandi
Possono le dichiarazioni di una persona risultare credibili in un caso e totalmente prive di fondamento in un altro? Solo pochi giorni fa era stato arrestato con l’accusa di corruzione in atti giudiziari Enrico Laghi, ex commissario straordinario dell’Ilva di Taranto. Le manette erano scattate ancora una volta sulla base delle dichiarazioni dell’avvocato Pietro Amara nel filone d’indagine legato alla cosiddetta ‘loggia Ungheria’. Peccato che le parole dello stesso legale, ora in carcere, non siano considerate attendibili nel caso del fascicolo di indagine che era stato aperto a Perugia nei confronti dell’ex ministro della Giustizia Severino, dell’ex vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, Michele Vietti, e del giudice Emilia Fargnoli, vicecapo di gabinetto dell’allora Guardasigilli.
Severino e Vietti erano stati indicati dallo stesso Amara come membri della ‘loggia’ ed erano indagati per abuso d’ufficio. È stata la stessa Procura a chiedere per loro l’archiviazione. A tirarli in ballo era stato l’ex pm di Siracusa Musco, amico di Amara, già destituito dalla magistratura. In più di 80 pagine di verbale aveva raccontato come a suo dire i tre si fossero mossi per cercare di allontanarlo dalla Procura, in modo da impedirgli di portare a termine un’indagine riguardante l’interessamento della società Oikothen, riconducibile a Emma Marcegaglia, alla costruzione di una discarica ad Augusta. Marcegaglia che, sempre secondo Amara, avrebbe fatto anche lei parte della cosiddetta ‘loggia Ungheria’.
Insomma, la sostanza è che l’allora ministro – con il suo vicecapo di gabinetto e il vicepresidente del Csm – avrebbe spinto per il trasferimento di Musco per impedirgli di indagare. Peccato che per la Procura di Perugia non vi sia alcuna prova di tali pressioni anche perché il procedimento disciplinare contro Musco, espulso nel 2019 dalla magistratura, è durato otto anni ed è passato al vaglio di tre consigli del Csm, con relatori che con la Severino non avevano alcun legame. Mentre Vietti non ha più alcuna carica dal 2014. Insomma, per la Procura umbra «non sono intervenuti riscontri che consentano di ritenere che queste influenze illecite ci siano effettivamente state, anche solo sul piano del tentativo». Una richiesta di archiviazione che in realtà ha una portata ben più dirompente, perché se sancisce l’insussistenza delle dichiarazioni di Musco mette in dubbio anche la veridicità di quelle di Amara, che è credibile per la Procura di Potenza ma evidentemente non lo è per quella di Perugia.
di Alessandra Grandi 
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-             Tag: Italia
 
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