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Elvira Zibra

La tragedia di un mondo alla rovescia

Elvira Zibra, 34 anni, stava tornando a casa dal lavoro attraversando la strada sulle strisce pedonali ed è stata uccisa. Per indifferenza, idiozia, menefreghismo criminale
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La tragedia di un mondo alla rovescia

Elvira Zibra, 34 anni, stava tornando a casa dal lavoro attraversando la strada sulle strisce pedonali ed è stata uccisa. Per indifferenza, idiozia, menefreghismo criminale
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La tragedia di un mondo alla rovescia

Elvira Zibra, 34 anni, stava tornando a casa dal lavoro attraversando la strada sulle strisce pedonali ed è stata uccisa. Per indifferenza, idiozia, menefreghismo criminale
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Elvira Zibra, 34 anni, stava tornando a casa dal lavoro attraversando la strada sulle strisce pedonali ed è stata uccisa. Per indifferenza, idiozia, menefreghismo criminale
Raramente ci occupiamo di cronaca in questi spazi, ma la tragedia di Elvira – la giovane donna travolta e uccisa da un motociclista a Napoli – lascia inorriditi. Per la morte assurda in sé e per il retroterra culturale che l’ha determinata. Non c’è nulla di casuale in quelle immagini catturate da una telecamera di sicurezza sul lungomare Caracciolo, in piena “cartolina“ di Napoli. Immagini che terrorizzano per la qualità del mondo che ci costringono a guardare. La persona alla guida della moto – senza patente, ma persino quest’assurdità non è la cosa peggiore del quadro – impennava a velocità folle, utilizzando quel tratto di lungomare come il rettilineo della pista del Mugello. Aveva a bordo una donna, che probabilmente voleva impressionare con le sue pose da bullo, viva per miracolo. Elvira, 34 anni, stava tornando a casa dal lavoro attraversando la strada sulle strisce pedonali ed è stata uccisa. Per indifferenza, idiozia, menefreghismo criminale. È fermandosi a pensare cosa possa aver spinto un essere umano a mettere se stesso e gli altri a rischio che si ha paura di guardare un abisso senza fondo. Non “consoliamoci“ con l’idea che sia frutto del caso o della follia, perché quell’atto irresponsabile emerge da un mondo, da una subcultura, da un’assenza di una sia pur minima umanità che genera mostri. I mostri del rifiuto delle regole della convivenza civile, del rispetto del prossimo. I mostri di un mondo senza dignità, dall’egoismo più esasperato, ignorante, lurido e senza futuro. Scrive un napoletano, innamorato delle sue origini, ma consapevole che questo mondo è tragicamente vasto in città, frutto di un fallimento educativo epocale, di “contro modelli” in cui legalità, regole, rispetto del prossimo e di sé non hanno alcuna cittadinanza. di Fulvio Giuliani 

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