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L’animatore turistico, le ragioni e i lavori da imparare

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La vicenda del giovane animatore che ha piantato in asso la struttura è perfetta per scatenare un certo luogocomunismo

Animatore

L’animatore turistico, le ragioni e i lavori da imparare

La vicenda del giovane animatore che ha piantato in asso la struttura è perfetta per scatenare un certo luogocomunismo

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L’animatore turistico, le ragioni e i lavori da imparare

La vicenda del giovane animatore che ha piantato in asso la struttura è perfetta per scatenare un certo luogocomunismo

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La vicenda del giovane animatore che ha piantato in asso la struttura in cui avrebbe dovuto lavorare quest’estate – denunciando condizioni dell’alloggio improponibili – è perfetta per scatenare un certo luogocomunismo tanto caro a chi i ragazzi di oggi li vuole blandire e basta. Lasciandoli, si intende, nel loro limbo in cui spesso si dibattono per e da anni.

La premessa è doverosa: grazie al cielo, a differenza degli anni in cui eravamo ragazzi noi, si è affermata una civiltà giuridica in termini contrattuali immensamente superiore. Lo ripeto è lo sottolineo: per fortuna e per decenza.

Nei tempi che furono la quasi assoluta regola dei lavori estivi era il ‘black’, salvo i rari casi delle aziende più strutturate, grandi e famose. Oggi l’organizzazione è il più delle volte quantomeno decorosa. Magari non dal punto di vista economico, ma contrattuale sì. Oltre che assicurativo, eccetera. Definire tutto questo ‘sacrosanto’ è il minimo sindacale (è il caso di dire…).

Ciò detto, siamo alle solite: il ragazzo è stato sveglio e mi ha ricordato il primo dei maturandi che un paio di mesi fa si rifiutò di sostenere la prova orale, denunciando via social l’inutilità dell’esame così com’è oggi. In particolar modo la valutazione legata al voto secco e così andare. Il tutto nell’assoluta certezza di non rischiare niente e l’alta probabilità di guadagnare i famosi 15 minuti di celebrità.
Detto-fatto anche in questo caso.

Andiamo oltre, perché se sulla questione contrattuale, la decenza degli alloggi, un trattamento civile e rispettoso siamo ovviamente tutti d’accordo, poi resta (resterebbe) la necessità di impararli questi benedetti mestieri e professioni.

Quindi, non vorrei mai che mia figlia stesse in un tugurio, ma saprei capire se mi dovesse dire: “Papà, il posto fa schifo, ma sto imparando, mi sto divertendo, sto guadagnando due soldini, sto passando un’estate in mezzo a gente simpatica prima di ricominciare a studiare”.

Com’è ovvio, una frase del genere sui social non se la filerebbe nessuno, perché non conterrebbe nessuna denuncia, nessun drammatico appello alla durezza dei tempi moderni, ma solo la voglia di mettersi un po’ in gioco, di fare un’esperienza. Di crescere.

Fatemi aggiungere, per concludere e pensando ai più giovani che dovessero leggere queste poche righe: che nostalgia di quelle estati e di quelle esperienze.

di Fulvio Giuliani

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