Lo spacciatore era il mio compagno e sono finita in galera
Lo spacciatore era il mio compagno e sono finita in galera
Lo spacciatore era il mio compagno e sono finita in galera
Trentasei ore, tre giorni. A volte passano in un battibaleno, neanche te ne accorgi di averli vissuti, a volte possono diventare un tempo infinitamente lungo. Com’è successo a me, quella volta che sono stata arrestata per traffico di stupefacenti e mi hanno rinchiuso nel carcere di Castrovillari, Cosenza. Tutto per colpa di quel ragazzo che avevo iniziato a frequentare da alcuni mesi. Era carino, ci stavo bene insieme e poi aveva quella villa enorme sempre piena di amici. Ogni tanto, la sera, dopo il lavoro da cameriera in un ristorante, mi fermavo a dormire da lui. In questo modo evitavo i 30 chilometri in auto per tornare a casa mia a Paola.
La villa era su due piani, con tante stanze, una grande cucina e un ampio soggiorno dove organizzavamo delle feste. Al secondo piano c’era un ripostiglio chiuso con un lucchetto dove non avevo mai visto entrare nessuno.
Tra me e lui tutto filava liscio. Fino a quel 26 marzo, quando si sono presentati i Carabinieri per una perquisizione. «Prego, entrate pure» gli ho fatto, tanto non avevo nulla da nascondere. I militari hanno cominciato a mettere sottosopra la casa. Hanno rotto il lucchetto che chiudeva la porta dello sgabuzzino e hanno trovato un kit completo per la preparazione e lo spaccio di stupefacenti: bilancini, materiale per il confezionamento e soprattutto oltre 280 grammi di cocaina. Ho provato a spiegare che quella roba non l’avevo mai vista né sapevo della sua presenza in casa, ma non c’è stato nulla da fare, mi hanno arrestato assieme al mio ragazzo.
Quanta vergogna ho provato entrando in quella cella fredda e sporca. Cosa avrebbero pensato i miei genitori? E le mie amiche mi avrebbero creduto? Sui giornali hanno scritto che ero stata fermata a un posto di blocco «visibilmente nervosa… soffiandosi il naso spesso…», come per dare a intendere che fossi sotto l’effetto della cocaina. Tutto falso, tutto inventato, come è stato dimostrato quattro mesi dopo.
(Simona Tundis, 36 anni. Tre giorni in carcere. Risarcita. Anche il pm aveva chiesto l’archiviazione)
di Benedetto Lattanzi e Valentino MaimoneLa Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
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Tag: Italia
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