L’ossessione di diventare genitori
La vicenda della piccola Sofia, rapita a Cosenza, pone delle domande – oltre alle responsabilità dei due sequestratori – ovvero: come sia stato possibile entrare indisturbati nel reparto di neonatologia
L’ossessione di diventare genitori
La vicenda della piccola Sofia, rapita a Cosenza, pone delle domande – oltre alle responsabilità dei due sequestratori – ovvero: come sia stato possibile entrare indisturbati nel reparto di neonatologia
L’ossessione di diventare genitori
La vicenda della piccola Sofia, rapita a Cosenza, pone delle domande – oltre alle responsabilità dei due sequestratori – ovvero: come sia stato possibile entrare indisturbati nel reparto di neonatologia
La vicenda della piccola Sofia, rapita a Cosenza, pone delle domande – oltre alle responsabilità dei due sequestratori – ovvero: come sia stato possibile entrare indisturbati nel reparto di neonatologia
Avere un figlio a tutti i costi. Non ci vuole molto a comprendere come per Rosa Vespa, la 51enne che a Cosenza ha rapito la piccola Sofia, quella di diventare madre fosse una ossessione. Tanto da portare avanti per nove mesi la menzogna di una gravidanza, tanto da inventarsi, al momento del finto parto, che i parenti non la potevano andare a trovare in clinica per via del Covid. Il ruolo del marito Acq ua Moses va chiarito ma di certo è impensabile che fosse all’oscuro di tutto. E d’altronde c’era lui, ad aspettare Rosa in macchina il giorno in cui ha rapito Rosa. Rosa che poi doveva chiamarsi Ansel e doveva essere un maschietto. La polizia quando l’ha trovata l’ha sorpresa proprio mentre cambiava il vestitino alla neonata: via il rosa, ecco l’azzurro.
Un piano architettato nei minimi dettagli, anche se non si comprende come poi la coppia potesse pensare di portare avanti quella menzogna, nei giorni e nei mesi a seguire. Per fortuna non lo sapremo mai, per fortuna le forze dell’ordine si sono mosse in modo più che tempestivo, per fortuna Sofia è stata riportata alla sua famiglia. Ma certo mette i brividi tutta questa vicenda, certo fa rabbrividire pensare al cinismo con cui i due hanno architettato di rapire un neonato, il figlio di un’altra coppia. Perché la loro ossessione di diventare genitori era più forte di ogni cosa. Più del rispetto di un’altra famiglia, che peraltro neanche conoscevano. Più del rispetto per quella creatura neonata, che hanno strappato senza scrupoli alle braccia della sua famiglia. Una storia che, se non fosse accaduta davvero, sarebbe degna di un film. Invece incredibilmente è successo. E al di là delle responsabilità penali dei due, giusto sarà anche accertare come sia possibile che in un reparto che dovrebbe essere protetto come quello dove stanno i neonati, si sia potuti entrare così, spacciandosi per infermiera, senza che nessuno si accorgesse di nulla. Come sia stato possibile, che una donna sia riuscita a rapire una bambina all’interno di una clinica. Indisturbata.
Di Annalisa Grandi
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
Leggi anche