Lunga storia velenosa
Lunga storia velenosa
Lunga storia velenosa
Veleni sulla pace, letteralmente. Sia gli Usa che l’Ucraina hanno smentito la notizia del “Wall Street Journal” e di “Bellingcat”, secondo cui l’oligarca russo Roman Abramovich e due delegati ucraini avrebbero «manifestato sintomi di sospetto avvelenamento» dopo un viaggio a Kiev, nella notte tra il 3 e il 4 marzo. La circostanza è stata però confermata dallo stesso Abramovich, consolidando così nell’opinione pubblica la fama di Putin quale avvelenatore. Questo metodo di morte ha peraltro radici nella stessa epoca sovietica, fin da quando nel 1921 Lenin ordinò la creazione a Mosca di un Laboratorio Numero 12 specializzato in veleni, droghe e sostanze psicotropiche.
Per limitarci ai tempi più recenti della Guerra fredda, il 15 ottobre 1959 il nazionalista ucraino Stepan Bandera fu ucciso a Monaco con una pistola caricata a fiale di cianuro e l’11 settembre 1978 il dissidente bulgaro Georgi Markov venne eliminato a Londra con una capsula di ricina sparata nelle gambe da un ombrello speciale. Con l’avvento di Putin l’uso del veleno è però arrivato al parossismo. Il caso più recente è quello di Alexei Navalny. All’inizio la sua portavoce sospettò di «qualcosa mescolato nel suo tè», ma poi un’indagine congiunta di “The Insider”, “Bellingcat”, “Cnn” e “Der Spiegel” ha appurato che si era trattato di Novichok applicato sulle sue mutande. Con quest’ultimo agente tossico il 4 marzo 2018 due emissari di Mosca avevano già cercato di avvelenare a Salisbury l’ex colonnello dei Servizi russi Sergej Viktorovič Skripal’ e la figlia Julija.
Il 1 settembre 2004 era stato servito in aereo un tè avvelenato pure alla giornalista della “Novaya Gazeta” Anna Politkovskaya. Sopravvisse, ma per essere poi uccisa a pistolettate due anni dopo nell’ascensore del suo palazzo a Mosca. Il suo nome compariva in una lista di persone scomode al Cremlino, assieme ad Alexander Litvinenko e a Boris Berezovskij. Agente dei servizi russi fuggito nel Regno Unito nel 2000, poi autore due anni dopo di un libro in cui accusava Putin di aver fatto organizzare attentati falsamente attribuiti ai ceceni apposta per spianarsi la via per il potere, Litvinenko sarebbe in effetti morto un mese e mezzo dopo la Politkovskaya, il 23 novembre 2006, in seguito ad avvelenamento da polonio-210. Ingegnere diventato miliardario nel periodo post sovietico e a sua volta fuggito nel Regno Unito nel 2000 dopo l’arrivo al potere di Putin, anche Boris Berezovskij sarebbe poi stato trovato morto in modo misterioso nei pressi di Londra il 23 marzo 2013.
Con una lettera avvelenata l’Fsb (erede del Kgb) ha inoltre ucciso il 20 marzo 2002 il leader ceceno Ibn al-Khattab al-Khattab. Riuscì invece a sopravvivere Viktor Juščenko, leader ucraino intossicato nel 2004 con un tipo diossina prodotto solo in quattro laboratori al mondo, fra cui uno di Mosca: l’unico a non aver voluto fornire le informazioni richieste dal caso. L’oligarca Vladimir Kara-Murza è stato invece intossicato due volte, nel 2015 e nel 2017. Un agente tossico chiamato Gelsomino della Carolina fu invece ritrovato nello stomaco dell’uomo di affari russo Alexander Perepilichny, morto a Londra il 10 novembre 2012 dopo aver dato agli inquirenti svizzeri importanti elementi sul ruolo delle autorità russe nello scandalo del fondo Hermitage.
di Maurizio StefaniniLa Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
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