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Lupi nel bosco

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Il caso della famiglia nel bosco e le dichiarazioni problematiche. Sulle sentenze si ricorre in via giurisprudenziale, non al teatro, al bar o sui giornali

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Lupi nel bosco

Il caso della famiglia nel bosco e le dichiarazioni problematiche. Sulle sentenze si ricorre in via giurisprudenziale, non al teatro, al bar o sui giornali

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Il caso della famiglia nel bosco e le dichiarazioni problematiche. Sulle sentenze si ricorre in via giurisprudenziale, non al teatro, al bar o sui giornali

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Indirizzare ai giudici insulti e minacce è un reato. Sicché si spera che gli autori siano identificati e sottoposti a giusto processo. Mentre dividersi in parteggianti per la famiglia e parteggianti per il Tribunale dei minori non ha nulla a che vedere con la civiltà del diritto. Semmai ci si divide su come la legge è scritta o dovrebbe essere scritta, ma la politica che fugge il proprio mestiere e indirizza la protesta contro un’ordinanza è l’incarnazione dell’inutilità demagogica.

Al contrario del professor Luca Ricolfi, che potete leggere qui sopra, non ho simpatie da spendere. Me ne difendo, quando si tratta di vicende giudiziarie. Preferisco la memoria: si sono verificati casi di genitori che accompagnano minori in ospedale, per una qualche emergenza; i sanitari ritengono vitale una immediata trasfusione di sangue; i genitori s’oppongono, per ragioni religiose; il che fa partire la segnalazione al Tribunale dei minori che interviene d’urgenza, sospende la responsabilità genitoriale, li allontana e consente la trasfusione.

Questa è civiltà e nessuno si chiede se fossero felici, dato che il problema è che restino vivi. Nel caso odierno la segnalazione al Tribunale è avvenuta non per ostilità culturale ma perché – leggo – nel settembre del 2024 uno dei bambini si sente male dopo avere mangiato dei funghi, viene portato in ospedale ma poi i genitori rifiutano di sottoporre quello e gli altri a una visita del medico di base. Trovo che la segnalazione sia più che giusta, a tutela dei minori. Il resto è il procedimento, di cui noi tutti sappiamo troppo poco e la sola cosa sensata è che si svolga nella sede istituzionalmente preposta, che prevede la difesa, i ricorsi e non prevede le simpatie.

Fuori dal procedimento colpiscono le dichiarazioni rese al “Corriere della Sera” dalla madre: «I nostri figli non andranno in una scuola ortodossa; continueranno, invece, a ricevere un’educazione familiare e naturale, si chiama unschooling e ti connette con la parte destra del cervello». Per scuola «ortodossa» si deve intendere quella che frequentano tutti.

Per unschooling si deve intendere non la scuola fatta a casa, che ha delle regole (nel procedimento ne è contestata la violazione), ma la negazione di quelle regole. Circa la parte destra del cervello, credo che ciascuno abbia il diritto di dire quel che gli passa da quelle parti, ma dei bambini va difesa anche l’altra parte, in una scuola e con i compagni di classe. Fuori dal caso specifico osservo quanto sia fallace il riflesso condizionato di credere che sia libertario tutto quello che è contro il potere e le sue regole, giacché poi si traduce in un vincolo per i soggetti più deboli, danneggiandoli.

Tutte le sentenze e le ordinanze sono ricorribili, nel loro dispositivo e nelle motivazioni. Si ricorre in via giurisprudenziale, non al teatro, al bar o sui giornali. Se si attaccano frontalmente giudici (non è uno solo), che non sono accusatori, si deve poi aggiungere quale altra idea si abbia per la convivenza civile.

Abbiamo alle spalle un’ottima riforma del diritto di famiglia, fatta nel 1975. Una delle cose di cui possiamo menare vanto, sebbene nulla sia perfetto. Con quella si cancellò il concetto di “patria potestà” e si introdusse quello di “responsabilità genitoriale” (articolo 316 del Codice civile). Il concetto è chiaro: il figlio non è una proprietà e nell’ovvia realtà per cui la stragrande maggioranza dei genitori si comportano responsabilmente (anche quando sbagliano) la legge interviene a tutela del minore, se necessario.

Infine, l’argomento più strampalato: perché non si comincia dai campi nomadi? Nel 2020 (ultimo dato che ho trovato) i minori ospitati in case-famiglia o apposite comunità erano 23.122. E in ogni caso tale argomento dovrebbe spingere a fare di più dove la legge indirizza, ove ve ne sia bisogno, non di meno.

Pochi anni fa un fenomeno di ottusità oscurantista aveva generato il caso di Bibbiano. Anche in quel caso si trattava dell’affido di minori, ma allora il latrato giustizialista fu favorevole all’azione della Procura (dove non ci sono giudici). Risultato: piene assoluzioni, tutto falso quel che si spacciava per vero. Ma questo dopo il sabba piazzaiolo.

Anche allora si sostenne che non c’è posto migliore per un bambino che le braccia dei suoi genitori. Il che è verissimo, salvo che in quelle braccia trovino l’aguzzino. È ben per quello che esiste la giustizia ed è per quello che ci si batte affinché funzioni meglio. Mai in piazza, che di oscenità se ne dissero già molte allora e mai ci si risparmia.

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