Marcinelle, un timbro lo salvò dalla morte
| Cronaca
Il destino è stato clemente con Antonio Iatarola, un timbro messo male lo ha salvato dalla strage nella miniera di Marcinelle.

Marcinelle, un timbro lo salvò dalla morte
Il destino è stato clemente con Antonio Iatarola, un timbro messo male lo ha salvato dalla strage nella miniera di Marcinelle.
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Marcinelle, un timbro lo salvò dalla morte
Il destino è stato clemente con Antonio Iatarola, un timbro messo male lo ha salvato dalla strage nella miniera di Marcinelle.
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«Non so dare una spiegazione, è andata così, mi sono salvato per la pignoleria di un funzionario belga». Antonio Iatarola ha 86 anni ed è un uomo ancora in forma, con una memoria invidiabile. Nato a Montaguto in provincia di Avellino, a 16 anni emigra in Francia per lavorare in agricoltura. «Il mio sogno, in quegli anni – ci dice – era il lavoro in miniera, i miei desideri andavano verso le miniere del Belgio: Marcinelle e Charleroy». Lasciata la fattoria francese dove lavorava, si diresse verso il confine con il Belgio. «Vidimati i documenti dalla Gendarmeria francese, attraversai il confine, presentandomi a Marcinelle nei primissimi giorni di agosto. Chiesi lavoro e mi indicarono la miniera di Bois du Cazier. Dopo le visite mediche e un sopralluogo in miniera fino a quota -730 metri, consegnai i miei documenti ai funzionari della miniera, mi fecero firmare il contratto e mi fu assegnato l’alloggio». da
Il sogno di Antonio sembrava realizzarsi. «Mi fu assegnato il compito di trivellatore manuale. Dissero che gli strumenti di lavoro ci sarebbero stati consegnati la sera prima del turno di servizio, che nel mio caso era stato fissato per la mattina dell’8 agosto…». Ma la storia segue a volte itinerari indecifrabili. Iatarola racconta: «La sera del 7 agosto, erano circa le ore 20, ero in fila con gli altri per il ritiro del materiale personale. Quando arrivò il mio turno mi dissero di farmi da parte, consegnarono il corredo da lavoro a tutti e alla fine i funzionari della miniera mi contestarono un timbro sul mio passaporto, solo parzialmente visibile, fatto dalla Gendarmeria di frontiera francese. “Lei è un clandestino!” mi dissero. “Questo timbro è falso!” Mi si gelò il sangue». Antonio iniziò a protestare con vigore. Niente da fare. «Loro mi invitarono a tornare subito in Francia a regolarizzare la mia posizione. Con i documenti in regola, il posto in miniera mi sarebbe stato restituito».
Iatarola fa in fretta i bagagli e si mette in marcia verso la Francia. «Era mezzanotte, ho attraversato il confine per ottenere un documento o timbro ‘intero’ che mi permettesse di lavorare a Marcinelle. Era ormai la mattina dell’8 agosto e, in attesa che aprissero gli uffici della Gendarmeria, mi fermai a fare colazione a Maubeuge; mentre ero lì la padrona del locale, ascoltando la radio, ha iniziato a gridare che a Marcinelle c’era stata una tragedia e che molti italiani erano rimasti coinvolti (262 morti di cui 134 italiani). Era il turno di lavoro da cui ero stato escluso».
La disperazione e l’orrore presero il sopravvento. «Ero disperato – ricorda – per quelle giovani vite (tra cui diversi minorenni) che avevo conosciuto in quei pochi giorni. Volevo allontanarmi il più possibile da quei luoghi. Andai in Svizzera, poi in Germania». Antonio Iatarola ha successivamente lavorato nelle acciaierie di Costanza e Francoforte, acquisendo anche piccoli ruoli di responsabilità, uno dei tanti italiani ignoti che hanno reso onore al nostro Paese con il loro lavoro, in ogni parte del mondo.
Di Marco Giorgetti
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