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Martina, lapidata dall’ex perché “non voleva tornare con me”

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“Non voleva tornare con me”. Cinque parole, per giustificare un omicidio. Quello confessato dal 19enne che ad Afragola ha ucciso la 14enne Martina Carbonaro. L’ha ammazzata con una grossa pietra

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Martina, lapidata dall’ex perché “non voleva tornare con me”

“Non voleva tornare con me”. Cinque parole, per giustificare un omicidio. Quello confessato dal 19enne che ad Afragola ha ucciso la 14enne Martina Carbonaro. L’ha ammazzata con una grossa pietra

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Martina, lapidata dall’ex perché “non voleva tornare con me”

“Non voleva tornare con me”. Cinque parole, per giustificare un omicidio. Quello confessato dal 19enne che ad Afragola ha ucciso la 14enne Martina Carbonaro. L’ha ammazzata con una grossa pietra

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“Non voleva tornare con me”. Cinque parole, per giustificare un omicidio. Quello confessato dal 19enne che ad Afragola ha ucciso la 14enne Martina Carbonaro. L’ha ammazzata con una grossa pietra. Lapidata. Uccisa a 14 anni perché lui, Alessio Tucci, non poteva sopportare quel no. O mia o di nessuno. O mia, o morta. È l’ennesimo agghiacciante caso di un giovane che diventa assassino perché incapace di sopportare che la ragazza con cui voleva stare non voleva tornare con lui. Come Filippo Turetta, solo per fare un esempio assai noto alle cronache. Come purtroppo per tanti, altri casi che abbiamo raccontato negli ultimi mesi.

Il movente, se ha senso parlare di movente, è sempre l’incapacità di accettare un rifiuto. Di scendere a patti con il diritto dell’altra persona di fare scelte diverse, di andare altrove. Di essere un individuo al di là della coppia. Eppure siamo nel 2025. Eppure certe storie, non dovremmo né vorremmo più raccontarle.

L’ennesima vita spezzata, una giovane che non diventerà mai adulta, che non potrà mai realizzare i suoi sogni perché qualcuno ha deciso che non ne aveva diritto. Qualcuno che le ha tolto la vita in nome di quello che non si può chiamare amore. C’è qualcosa di agghiacciante, di terrificante nel pensare che si percepisca l’altro come una mera estensione di se stesso. Come se la sua vita, non avesse alcun valore. Ancora di più, se questo pensiero malato arriva da un ragazzino. E alla fine poco importa oggi trovare responsabilità di altri, perché l’unica realtà è che Martina non c’è più. Martina è stata uccisa, in modo brutale, per un no. Come tante, troppe prima di lei.

Siamo perfettamente consapevoli della ripetitività di determinati concetti e certe riflessioni, ma come possiamo non richiamare senza sosta l’attenzione di noi tutti su un simile abominio? Questo giovane reo confesso, come tanti altri prima di lui, sono cresciuti da qualche parte, in qualche famiglia, avranno visto una mamma e un papà. Saranno andati a scuola, avranno visto la televisione. Come si può essere così impermeabili e tetragoni all’educazione? Non abbiamo risposte ma sentiamo il dovere di continuare a porci le domande.

Di Annalisa Grandi

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