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Maryna, la soldata che combatte la sua battaglia con carezze e sorrisi

Maryna Sokolvska, 39 anni, ucraina, la sua “guerra” la sta combattendo dall’Italia. “Quando i russi sono entrati in Ucraina, sono rimasta in trance per una settimana. Poi ho capito quale sarebbe stato il mio compito: aiutare gli altri”
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Maryna, la soldata che combatte la sua battaglia con carezze e sorrisi

Maryna Sokolvska, 39 anni, ucraina, la sua “guerra” la sta combattendo dall’Italia. “Quando i russi sono entrati in Ucraina, sono rimasta in trance per una settimana. Poi ho capito quale sarebbe stato il mio compito: aiutare gli altri”
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Maryna, la soldata che combatte la sua battaglia con carezze e sorrisi

Maryna Sokolvska, 39 anni, ucraina, la sua “guerra” la sta combattendo dall’Italia. “Quando i russi sono entrati in Ucraina, sono rimasta in trance per una settimana. Poi ho capito quale sarebbe stato il mio compito: aiutare gli altri”
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Maryna Sokolvska, 39 anni, ucraina, la sua “guerra” la sta combattendo dall’Italia. “Quando i russi sono entrati in Ucraina, sono rimasta in trance per una settimana. Poi ho capito quale sarebbe stato il mio compito: aiutare gli altri”
Maryna Sokolovska prende il cellulare e mostra la figlia Aurora sull’altalena. Le mani le tremano nonostante la foto risalga a diversi anni fa. Perché il parco giochi è quello di fronte all’Università di Kiev, la stessa che ha frequentato lei in gioventù, dove ora le bombe di Putin hanno lasciato una voragine enorme tra lo scivolo e quell’altalena. Maryna, 39 anni, vive in Italia ormai da tempo, al sicuro, eppure ogni volta che guarda quelle immagini la voce le si carica di paura. E rabbia. Una rabbia che, per non implodere, ha fatto confluire in qualcosa di buono. “Il 24 febbraio, quando i russi sono entrati in Ucraina, sono rimasta in trance per una settimana fino a quando ho capito che non potevo starmene con le mani in mano” racconta. Che se non avesse avuto i bambini così piccoli, sarebbe tornata a Kiev, in prima linea! Lo dice con una tale convinzione che forse non tutti sono pronti a capire: “Mia madre è ancora là – spiega – con mio fratello Maxim, che dopo il lavoro, con altri volontari, va in giro a recuperare i cadaveri che i russi lasciano dietro di sé. Ha visto cose che nessun ragazzo dovrebbe vedere”.  Maryna, la sua parte, la sta facendo a 2mila km di distanza. Una parte altrettanto importante, di cui lei nemmeno si rende bene conto. In questi 8 mesi di guerra è stata il faro di 80 profughi – donne e bambini – fuggiti dall’inferno, accolti nei centri di prima accoglienza dell’hinterland milanese gestiti dalla Caritas. E’ stata la loro voce, soprattutto all’inizio quando non c’erano gli  interpreti; è stata la spalla su cui piangere e urlare la propria disperazione; è stata l’amica, con cui passare qualche momento di spensieratezza. Come il pranzo organizzato per il giorno della Pasqua ucraina (24 agosto) o le feste di compleanno per i bambini, ritagli di una normalità momentanea donati a persone che hanno perso tutto. Maryna tiene a precisare di essere solo uno degli ingranaggi di questa catena di solidarietà: “Non ho fatto nulla di speciale. Dentisti, insegnanti di italiano, di danza e di tennis, parrucchieri, ognuno ha messo a disposizione le proprie competenze per fare la propria parte”. 
Maryna Sokolovska
Maryna Sokolvoska, la prima a destra, assieme ad altre due attiviste che hanno dato una mano in questi mesi complicati
Tante persone che ogni giorno, silenziosamente, formano le fila di un esercito di pace, che al posto delle armi sceglie parole e carezze. Perché si può sempre scegliere da che parte stare. Due settimane fa la notizia che Maryna tanto aspettava: la bimba di 3 anni che aveva urgentemente bisogno di un’operazione al cuore è stata dimessa dall’ospedale di San Donato Milanese. E’ stata proprio lei a trovare la struttura adatta – “molti paesi ci avevano detto di non sentirsela, altri come la Svizzera non ci hanno nemmeno risposto” – a organizzare il viaggio dall’Ucraina e a consolare la madre quando davano la piccola ormai per spacciata. E poi ci sono le ragazze “del brutto male”, venute in Italia a fare la chemioterapia “perché sotto le bombe non c’erano più garanzie di potersi curare”. Anche in questo caso l’aiuto di Maryna non si è fatto attendere. “Senza di te qui non sarebbe stato lo stesso, Maryna!” le scrive una futura mamma del centro accoglienza dall’aereo che la riporterà in Ucraina . Nella foto che le invia, in bella vista, si vede il pancione su cui poggia un ciondolo “chiama angeli”, una chiamata a cui Maryna Sokolvska ha risposto con le uniche armi che ha disposizione: carezze e sorrisi.
La piccola Aurora mentre gioca nel parchetto bombardato dai russi, qui assieme al papà
 
La voragine lasciata dalla pioggia di missili che hanno colpito Kiev lo scorso 10 ottobre
 
Il giorno della Pasqua ucraina festeggiato dalle profughe ospitate nei centri d’accoglienza
   

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