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Blitz dei Carabinieri contro i fiancheggiatori di Messina Denaro, tre arresti

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Il Ros dei Carabinieri ha arrestato tre uomini ritenuti vicini a Messina Denaro durante la sua lunga latitanza

Blitz dei Carabinieri contro i fiancheggiatori di Messina Denaro, tre arresti

Il Ros dei Carabinieri ha arrestato tre uomini ritenuti vicini a Messina Denaro durante la sua lunga latitanza

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Blitz dei Carabinieri contro i fiancheggiatori di Messina Denaro, tre arresti

Il Ros dei Carabinieri ha arrestato tre uomini ritenuti vicini a Messina Denaro durante la sua lunga latitanza

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Nuovo blitz dei Carabinieri contro la rete di fiancheggiatori del boss mafioso Matteo Messina Denaro, arrestato dopo 30 anni di latitanza il 16 gennaio del 2023 e morti alcuni mesi dopo. Il Ros dei Carabinieri ha arrestato tre uomini ritenuti vicini al capomafia durante la sua lunga latitanza. In carcere sono finiti un architetto, Massimo Gentile, un tecnico radiologo dell’ospedale Abele Ajello di Trapani, Cosimo Leone e un altro uomo, Leonardo Salvatore Gulotta. Avrebbero tutti fatto parte della rete del boss.

Massimo Gentile secondo gli inquirenti farebbe “parte di Cosa nostra”. L’uomo, in particolare, avrebbe ceduto al boss Messina Denaro la propria identità al “fine di fargli acquistare un’autovettura e un motociclo, sottoscrivere le relative polizze assicurative, compiere operazioni bancarie ed eludere i controlli delle forze dell’ordine” assicurandogli in questo modo “la possibilità di muoversi in stato di latitanza sul territorio e di contribuire a dirigere il sodalizio”. Dal 2019 è dipendente del Comune di Limbiate (Monza), dove si occupa dei procedimenti del servizio Lavori pubblici. Gli investigatori del Ros sono risaliti a Gentile, ritenuto un insospettabile, da un appunto su una macchina.

Infine, ci sarebbe ancora oggi una “totale omertà” che “avvolge come una nebbia fittissima tutto ciò che è esistito intorno alla figura” del boss mafioso Matteo Messina Denaro. Ma anche attorno “ai suoi contatti, ai suoi spostamenti ed alle relazioni che ha intrecciato nei lunghi anni di clandestinità”.

Per il Procuratore Maurizio de Lucia e i pm che coordinano l’indagine si tratta di una “omertà trasversale” che “ha precluso agli inquirenti di avere spontanee notizie anche all’apparenza insignificanti”. Gli inquirenti non nascondono la delusione di non avere avuto alcun aiuto da “medici, operatori sanitari o anche semplici impiegati di segreteria”, persone che hanno avuto dei contatti con il boss, anche a loro insaputa.

di Ruggero Fontana

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