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Messina Denaro, catturato dopo trent'anni

Messina Denaro, catturato dopo trent’anni

In questi lunghi anni di Matteo Messina Denaro si è detto di tutto. Di sicura verità è il fatto che occupava di diritto un posto al vertice della classifica dei capi più violenti e criminali. E adesso in agenda restano altri quattro criminali.
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Messina Denaro, catturato dopo trent’anni

In questi lunghi anni di Matteo Messina Denaro si è detto di tutto. Di sicura verità è il fatto che occupava di diritto un posto al vertice della classifica dei capi più violenti e criminali. E adesso in agenda restano altri quattro criminali.
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Messina Denaro, catturato dopo trent’anni

In questi lunghi anni di Matteo Messina Denaro si è detto di tutto. Di sicura verità è il fatto che occupava di diritto un posto al vertice della classifica dei capi più violenti e criminali. E adesso in agenda restano altri quattro criminali.
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In questi lunghi anni di Matteo Messina Denaro si è detto di tutto. Di sicura verità è il fatto che occupava di diritto un posto al vertice della classifica dei capi più violenti e criminali. E adesso in agenda restano altri quattro criminali.
Trent’anni fa l’arresto di Totò Riina, fermato in auto dai carabinieri. E da trent’anni polemiche e processi al capitano Ultimo e al generale Mori per la nota questione della presunta mancata perquisizione della sua casa/covo. Si disse, accusando un pezzo dell’Arma dei carabinieri, che Riina avrebbe fatto sparire documenti importanti e dal contenuto imbarazzante, utili se non fondamentali al subentrante boss Matteo Messina Denaro per garantirsi quella latitanza che è terminata proprio ieri alle 9 del mattino. Lo hanno bloccato in una casa di cura a Palermo mentre si stava sottoponendo a controlli medici. E chissà se aveva una mutua o se alle sue necessità cliniche provvedeva il Sistema sanitario nazionale. In questi anni di Messina Denaro si è detto di tutto. Intercettato contemporaneamente in più località, alcune esotiche, secondo una sceneggiatura tipica dei mafiologi di professione. Contatti segreti coi poteri forti, influenze massoniche e servizi segreti (per antonomasia deviati). Invece è stato catturato a Palermo, a casa sua o comunque in zona, né più né meno come il suo predecessore Riina. Come ci insegnarono Carlo Alberto dalla Chiesa e Giovanni Falcone, i mafiosi non amano traslocare in zone in cui non possono svolgere la loro attività precipua: fare soldi. In silenzio, senza dare troppo nell’occhio e seguendo i soldi, prima o poi si arriva però al capezzale dell’illustre malato o nel viottolo che porta alla vecchia casa opportunamente trasformata in covo. Il comandante generale dei carabinieri, Teo Luzi, ha giustamente sottolineato che simili obiettivi si raggiungono con perseveranza, seguendo ogni giorno le infinitesimali tracce che un latitante di tal fatta non può non aver lasciato dietro di sé. Certo non puoi startene per trent’anni latitante a casa tua se non hai appoggi altolocati e complicità diffuse. Nella storia di Cosa nostra Messina Denaro occupava di diritto un posto al vertice della classifica dei capi più violenti e criminali, degno successore di Liggio, Riina, Greco, Provenzano. Il boss delle stragi è ormai sessantenne e malato, ma ancora innamorato: il 17 maggio 2017 scrisse una lettera di addio alla fidanzata: «Ho il cuore a pezzi». Ora sarà importante capire come cambieranno determinati assetti di potere nella “cupola” mafiosa. Non sappiamo peraltro se negli ultimi anni detenesse ancora il potere criminale che senz’altro assunse nei terribili anni Novanta. Come per altri arresti eccellenti, ieri abbiamo assistito alle urla e agli applausi ai carabinieri che in pieno centro di Palermo hanno chiuso il cerchio intorno al boss. Oggi tutti – politici e opinionisti, gente comune – dicono giustamente che lo Stato c’è. È vero, lo Stato c’è in tutte le sue articolazioni. Occorre però non dimenticarsene a giochi fatti dopo gli entusiasmi iniziali. E occorre che il signor Bonafede, come si faceva chiamare Messina Denaro, venga al più presto messo a processo e paghi per il sangue che ha versato. Adesso nell’agenda degli investigatori restano quattro latitanti. Tra questi Giovanni Motisi, nato a Palermo nel 1959: ricercato dal 1998, deve scontare l’ergastolo. Sarà lui a raccogliere lo scettro? Scoppierà una guerra tra le cosche per la supremazia? È presto per poterlo dire. La notizia dell’arresto di Messina Denaro è stata diffusa nel mondo. Sicuramente nel suo paese natale Castelvetrano (dov’era nato nel 1962, figlio di un potente boss) tireranno un sospiro di sollievo. Secondo alcuni investigatori bisognerà capire se e quali segreti custodisca il boss, protagonista di omicidi efferati e tra i mandanti delle morti di Falcone e Borsellino. Con una preghiera: che nessuno gli offra un caffè in carcere. Sindona docet.   di Andrea Pamparana  

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