Mistero su Hasib Omerovic: non c’era nessun mandato di perquisizione
| Cronaca
Ci sono ancora molte domande su quanto accaduto il 25 luglio nel quartiere Primavalle, a Roma, quando Hasib Omerovic, sordomuto di 36 anni, è caduto giù dal balcone. Chi ha ordinato ai quattro agenti di entrare a casa sua, pur senza mandato?

Mistero su Hasib Omerovic: non c’era nessun mandato di perquisizione
Ci sono ancora molte domande su quanto accaduto il 25 luglio nel quartiere Primavalle, a Roma, quando Hasib Omerovic, sordomuto di 36 anni, è caduto giù dal balcone. Chi ha ordinato ai quattro agenti di entrare a casa sua, pur senza mandato?
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Mistero su Hasib Omerovic: non c’era nessun mandato di perquisizione
Ci sono ancora molte domande su quanto accaduto il 25 luglio nel quartiere Primavalle, a Roma, quando Hasib Omerovic, sordomuto di 36 anni, è caduto giù dal balcone. Chi ha ordinato ai quattro agenti di entrare a casa sua, pur senza mandato?
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La Procura indaga per concorso in tentato omicidio, la Questura ha aperto un’indagine interna. C’è ancora tanto da capire su quello che è successo lo scorso 25 luglio nell’appartamento popolare di Primavalle, a Roma, quando Hasib Omerovic, sordomuto di 36 anni, è caduto giù dal balcone. Si sa solo che i quattro agenti che sono andati a bussare a casa sua non avevano un mandato di perquisizione. Ciò non toglie che potevano essere lì per controllargli i documenti, ad esempio: bisogna però accertare se corrisponda al vero quello che ha raccontato la sorella disabile dell’uomo, e cioè che una volta entrati in casa avrebbero aggredito il fratello. Un testimone ha raccontato di non aver sentito rumori riconducibili a una lite, la famiglia sostiene invece che sia stato picchiato dagli agenti.
Omerovic non aveva procedimenti a suo carico, ma questo non significa che non vi fossero delle ragioni per la presenza degli agenti. È questo il tassello che manca: chi ha ordinato loro di andare a bussare alla porta di quell’appartamento? Per ora di questo nulla si sa e chiarirlo sarà compito dell’indagine della Procura e di quella interna alla polizia. Al più presto, si spera, perché vicende come queste scatenano un’ondata emotiva che può sfuggire di mano. Il rischio che si corre è quello dell’ennesimo processo a mezzo stampa senza che vi siano neanche gli elementi per ricostruire cosa, tra quelle mura, sia davvero avvenuto. La famiglia di Hasib, ancora ricoverato, e noi tutti abbiamo diritto alla verità. Qualsiasi essa sia.
Di Gaia Bottoni
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