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Nina, la sindrome di down e la maturità negata

Nina, ragazza con la sindrome di Down a cui è stata negata dai professori la possibilità di fare l’esame di maturità
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Nina, la sindrome di down e la maturità negata

Nina, ragazza con la sindrome di Down a cui è stata negata dai professori la possibilità di fare l’esame di maturità
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Nina, la sindrome di down e la maturità negata

Nina, ragazza con la sindrome di Down a cui è stata negata dai professori la possibilità di fare l’esame di maturità
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Nina, ragazza con la sindrome di Down a cui è stata negata dai professori la possibilità di fare l’esame di maturità

La ministra per le Disabilità ha giustamente fatto sapere che la vicenda non è chiusa. Già il suo intervento chiarisce che la vicenda di Nina, la ragazza con la sindrome di Down a cui è stata negata dai professori la possibilità di fare l’esame di maturità perché ritenuto per lei “troppo stressante”, è una storia già diventata simbolo. La scuola deve includere, ribadisce ovviamente la ministra. Ovvio.

Va spiegato intanto che per le persone con disabilità sono previsti tre possibili percorsi scolastici: quello regolare, quello con obbiettivi minimi, cioè rimodulato ma che consente comunque di prendere il diploma, e il terzo, quello scelto dalla scuola per Nina, che alla fine dei cinque anni di scuola superiore porta a un attestato di competenze. Che però non ha alcuna validità.

Il percorso per Nina era stato scelto all’inizio del quinquennio, ma poi i genitori avevano più volte chiesto di cambiarlo in modo che la ragazza potesse provare a sostenere l’esame di maturità. Il consiglio d’istituto ha però deciso di no e loro hanno così scelto di ritirarla dalla scuola. Anche perché – incredibile ma vero – se fosse arrivata a fine anno ottenendo quell’attestato senza alcuna valenza, per ottenere invece il diploma avrebbe dovuto ricominciare da capo. Cioè dal primo anno. Per i docenti il problema era il tasso di stress a cui sottoporre la ragazza. Tutelarla da un carico considerato eccessivo. Non è così per i genitori che chiedono solo che la figlia possa almeno provarci. Vedremo l’epilogo. Sicuramente dare a chi ha una disabilità la possibilità di sentirsi come tutti gli altri, generalmente ha tutt’altro che un effetto negativo
di Annalisa Grandi

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