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Oltre Catania, quello che non vogliamo vedere

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Lo stupro di Catania è una storia illeggibile ma con un tema comune agli altri episodi: le seconde generazioni in Italia
Lo stupro di Catania

Oltre Catania, quello che non vogliamo vedere

Lo stupro di Catania è una storia illeggibile ma con un tema comune agli altri episodi: le seconde generazioni in Italia
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Oltre Catania, quello che non vogliamo vedere

Lo stupro di Catania è una storia illeggibile ma con un tema comune agli altri episodi: le seconde generazioni in Italia
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La storia dello stupro di Catania è illeggibile, intollerabile, inimmaginabile. Però bisogna farsi forza e conoscerla nei dettagli. Non certo per disgustoso voyeurismo o per morbosità squallida, ma perché sono mesi che andiamo sollevando un problema che troppi fanno finta di non vedere o si affannano a buttare sotto il tappeto. Prescindendo dalle responsabilità individuali, dal grado di disumanità di questi soggetti ove venissero riconosciuti colpevoli, abbiamo un tema seconde generazioni in Italia. Senza mai generalizzare e sottolineato da chi ritiene assolutamente cruciale la capacità di gestire l’immigrazione nel nostro Paese. Per essere molto chiari, siamo fra coloro che danno per scontato far ricorso a un numero sempre più alto di lavoratori stranieri (via via più qualificati e anche selezionati), imprescindibili per il nostro comparto produttivo, nonché per tamponare – nei limiti del possibile – il devastante gelo demografico a cui ci siamo consegnati con suprema indifferenza. Proprio perché disapproviamo l’approccio manicheo e ideologico a un tema cruciale, troviamo intollerabile continuare a non vedere quello che sta accadendo nelle nostre città. C’è una quota di ragazzi, cresciuti con noi, istruiti nelle nostre scuole (il presunto branco di Catania sarebbe composto di ragazzi non nati qui, ma comunque affidati alle nostre strutture scolastiche e di protezione sociale), che sta sviluppando una forma di rifiuto in toto del nostro sistema di valori e delle caratteristiche proprie del nostro mondo. Senza arrivare alla follia conclamata e criminale di Catania, quello che accadde lo scorso anno a Milano a Capodanno non fu un episodio isolato determinato dagli eccessi della notte di San Silvestro. Fu un picco di un fenomeno che chiunque abbia figli adolescenti o post adolescenti conoscerà bene. Nel capoluogo meneghino si parla di “maranza“, altrove possono avere altri nomi, questo è folklore di nessun peso. La sostanza è rappresentata da ragazzi che non si sentono italiani pur essendolo nei fatti, nella lingua, nella loro vita quotidiana. Non si sentono neppure marocchini, egiziani o altro in senso stretto. Perché del Paese d’origine dei genitori sanno poco o nulla, ma si consegnano a questo gioco potenzialmente pericolosissimo del ‘rifiuto’, pur senza avere un reale modello da contrapporre. Nella stragrande maggioranza dei casi si limitano a far casino, talvolta eccedono con le parole e nei casi più gravi con le mani. Sono episodi che conosciamo, tutt’altro che rari e spie di un profondo malessere e di un’ignoranza sconfortante di regole e valori. O lavoriamo subito su queste seconde generazioni con impegno, in profondità e con la necessaria severità o è certa solo una cosa: ci ritroveremo con le banlieue. In sedicesimi, magari, rispetto ai fenomeni francesi, ma il modello è quello. Continuare a dividersi fra chi fa finta di non vedere e chi urla al “cacciamoli tutti“ è il modo migliore per mettersi nei guai. Di Fulvio Giuliani

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