Omicidio colposo plurimo a seguito di incendio. È l’ipotesi di reato per la strage nella Rsa di Milano. Una tragedia che ha coinvolto persone già non autosufficienti, che in quella struttura avrebbero dovuto trovare cure e sicurezza. Invece qualcosa non ha funzionato. O meglio, non funzionava da un anno e mezzo l’impianto antincendio.
C’erano dei cartelli, ad avvertire, nei corridoi. Il bando del Comune per avviare i lavori non ancora chiuso. La sicurezza affidata a una persona esterna. Neanche gli allarmi accanto ai letti dei degenti, quelli collegati agli infermieri, funzionavano in alcuni casi. Ma com’è possibile? Com’è possibile in una struttura che ospitava persone non in grado di badare a se stesse, molte anche malate di Alzheimer.
Com’è possibile che da un anno e mezzo i rilevatori di fumo non funzionassero? E che in una struttura con oltre 170 persone ci fossero in servizio solo cinque operatori sociosanitari e una infermiera. Tutti punti che andranno chiariti. Era prevista la presenza in struttura, di notte, di una persona che avrebbe dovuto fare le veci di quegli impianti antincendio. Una struttura enorme. Nessuna irregolarità, almeno pare, dal punto di vista delle procedure perché così era stato stabilito con il Comune in attesa dell’inizio dei lavori per ripristinare i rilevatori antifumo, simili a quelli degli alberghi.
Lavori che però ancora non erano cominciati. La magistratura chiarirà eventuali responsabilità. Certo a guardarla oggi, una tragedia che forse si poteva evitare.
di Annalisa Grandi
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