Che in una scuola qualunque d’Italia una bambina vada in ipotermia è un fatto che si commenta da solo. Ma l’aspetto peggiore di quanto successo ieri a Palermo è che quella situazione era stata segnalata da mesi – ben prima che i riscaldamenti servissero – non solo dalla dirigente scolastica ma pure dal prefetto. Ovviamente il problema era rimasto lì, non affrontato e dimenticato.
Complice il fatto che le temperature sono rimaste probabilmente accettabili, non erano emerse criticità. Fino a ora, naturalmente. Senza scomodare paragoni con tragedie avvenute in passato proprio a scuola, come quella di San Giuliano di Puglia, resta il fatto che lo stato di manutenzione e pure quello di sicurezza di molti edifici scolastici è carente. E le situazioni si trascinano immutate per mesi, a volte anni. Come se risolverle sia un dettaglio. Da Nord a Sud, senza differenze né distinzioni.
Le scuole dovrebbero essere i luoghi più sicuri in assoluto proprio perché all’interno non ci stanno adulti, più consapevoli dei pericoli, ma bambini. Come quella alle elementari di Palermo finita appunto in ospedale in stato di ipotermia. La domanda è: deve sempre accadere un fatto eclatante perché i problemi vengano affrontati? Non dovrebbe essere così. Invece spesso si va avanti ad annunci roboanti su grandi innovazioni, senza mettere mano a problematiche che sono strutturali. In tutti i sensi. Non è retorica chiedere che siano affrontate. Di mezzo c’è la salute dei nostri figli.
di Annalisa Grandi
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