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panchine rosse a Roma

Panchine rosse a Roma, senza vergogna

Le Università italiane alla ricerca del senno: ieri, alla Sapienza di Roma, è stata distrutta da un collettivo una panchina rossa appena inaugurata
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Panchine rosse a Roma, senza vergogna

Le Università italiane alla ricerca del senno: ieri, alla Sapienza di Roma, è stata distrutta da un collettivo una panchina rossa appena inaugurata
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Panchine rosse a Roma, senza vergogna

Le Università italiane alla ricerca del senno: ieri, alla Sapienza di Roma, è stata distrutta da un collettivo una panchina rossa appena inaugurata
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Le Università italiane alla ricerca del senno: ieri, alla Sapienza di Roma, è stata distrutta da un collettivo una panchina rossa appena inaugurata
Sentiamo il il dovere di chiederci cosa stia accadendo nelle università di mezzo mondo. Ok, senza generalizzare e ricordando che dei singoli o anche dei gruppi di sciroccati non fanno certo la maggioranza assoluta degli studenti e del corpo docente dagli Stati Uniti all’Italia. Eppure, reduci dai farneticanti appelli pro Hamas delle grandi università statunitensi – nelle quali non ci si è neppure vergognati di accostare Israele al concetto di genocidio, per la reazione militare nella Striscia di Gaza dopo gli attentati del 7 ottobre – ieri alla Sapienza di Roma è stata distrutta una panchina rossa appena inaugurata, simbolo della lotta contro ogni violenza di genere. A sfasciare la panchina, un collettivo studentesco, “Zaum Sapienza”, che ha sostenuto di voler contestare “la retorica dell’ateneo“. Citiamo testualmente, perché sfidiamo chiunque a capire cosa diamine volessero dire le attiviste e gli attivisti che dopo aver smontato la panchina hanno pensato bene di buttarla a pezzi nei cestini dell’immondizia. Potremmo pure essere più o meno convinti del valore e della diffusione di simboli come le panchine o le scarpe rosse e non ci sfugge la necessità di non rifugiarsi dietro i simboli un po’ comodi e un po’ troppo facili, ma altrettanto non ne possiamo più di chi non sembra avere altra urgenza che protestare per protestare. Attaccare per attaccare, smontare per smontare qualsiasi gesto, parola, simbolo che possa richiamare a un minimo di civiltà e rispetto fra le persone. Perché per certi “attivisti” – tipo quelli che assaltano monumenti e opere d’arte – semplicemente non basta mai. Si dovrebbe fare sempre di più e ancora di più. Fino ad arrivare… non si sa dove. Per ottenere non si sa cosa, di sicuro una sempre minore comprensione da parte di larghissime fette di popolazione, spaesate e non di rado disturbate da atteggiamenti che sembrano totalmente fini a se stessi e pensati esclusivamente per far rumore. In particolare, la sceneggiata di ieri alla Sapienza offende l’università, i promotori dell’iniziativa (l’ateneo stesso, il Comune di Roma e la AS Roma), tutte le persone con un minimo di sensibilità e prima di ogni altro le vittime di qualsiasi violenza o abuso psicologico o fisico. Vaglielo a spiegare. di Fulvio Giuliani

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