Pendolari allo sbaraglio
Pendolari allo sbaraglio: Umbria, Lazio, Toscana e Marche di colpo si sono ritrovati a dover passare dalla linea ferroviaria più veloce a quella lenta
Pendolari allo sbaraglio
Pendolari allo sbaraglio: Umbria, Lazio, Toscana e Marche di colpo si sono ritrovati a dover passare dalla linea ferroviaria più veloce a quella lenta
Pendolari allo sbaraglio
Pendolari allo sbaraglio: Umbria, Lazio, Toscana e Marche di colpo si sono ritrovati a dover passare dalla linea ferroviaria più veloce a quella lenta
Ritornare indietro di 50 anni con un colpo di penna e non sapere più come gestire non soltanto la vita, ma anche il lavoro. Lo scenario al limite dell’assurdo è quello che stanno vivendo le migliaia di pendolari di quattro regioni del centro Italia: Umbria, Lazio, Toscana e Marche. Di colpo si sono ritrovati a dover passare dalla linea ferroviaria più veloce a quella lenta. Colpa di una delibera dell’Autorità regolatrice dei trasporti che esclude dalla cosiddetta ‘linea direttissima’ (quella dell’Alta velocità) i treni che viaggiano sotto i 200 km orari. Il provvedimento è in vigore da subito, nonostante le Regioni non abbiano ancora ricevuto i treni più moderni e veloci.
Risultato? Il caos assoluto. Le tratte Terni-Roma, Roma-Orte, Roma-Ancona, Roma-Firenze e Orte-Falconara sono state spostate quasi per intero sui binari lenti, dove però – complici i lavori per l’Alta velocità (che peraltro avrebbero dovuto concludersi nel marzo scorso) – ora passano anche tutti gli altri treni. Ecco dunque fioccare ritardi dai 40 minuti alle due ore, con vagoni stipati all’inverosimile – perché nel frattempo le corse vengono anche cancellate senza preavviso – e gravi conseguenze per chi viaggia: «Alcuni hanno dovuto dimettersi dal lavoro perché non riuscivano a giustificare i ritardi con l’azienda, ma anche i liberi professionisti hanno problemi» spiegano i comitati dei pendolari.
Se il viaggio di andata è un dramma, il ritorno è anche peggio perché le corse sono ancora meno frequenti e l’orario di arrivo diventa un’ipotesi. I cittadini sono esasperati: lunghe soste, poca assistenza e spesso anche nessun bus sostitutivo. Unica opzione senza ritardo: i treni più costosi. Per i quali ovviamente l’abbonamento che hanno non va bene.
La protesta è guidata dall’Umbria (la più penalizzata), ma le amministrazioni del Centro Italia hanno superato gli steccati politici e fatto rete: lo scorso 1 luglio 40 sindaci di Lazio, Umbria e Toscana hanno viaggiato su uno dei treni col ritardo più alto (l’Intercity 581 Firenze-Roma) e sono andati a manifestare sotto la sede di Trenitalia. Una delegazione è poi stata ricevuta dai vertici dell’azienda, a cui hanno rappresentato i timori per una decisione che potrebbe diventare strutturale (penalizzando una fetta d’Italia peraltro così vicina a Roma) e chiesto una deroga alla delibera, fino a quando tutte le Regioni saranno dotate di treni superveloci, ovvero fino al 2026 inoltrato.
Su questo aspetto sono in corso interlocuzioni con Rfi, ma ai sindaci non basta: «Le Regioni da sole possono fare poco, se non protestare per il fatto che Rfi non rispetta il contratto di servizio» sottolinea l’assessore regionale umbro allo Sviluppo economico Francesco De Rebotti. «Abbiamo bisogno di una cabina di regia del governo». Colpisce infatti soprattutto il silenzio del Ministero dei Trasporti. A difesa di Matteo Salvini ha parlato il deputato Riccardo Augusto Marchetti, spiegando che il governo non è responsabile di questa decisione e che «il ministro ha sempre dimostrato attenzione concreta ai territori, ai pendolari e ai lavoratori». Ma il giorno del sit-in a Roma era previsto un incontro col sottosegretario Tullio Ferrante, che invece non c’è stato.
Nel frattempo i disagi aumentano e da settembre coinvolgeranno anche gli studenti che frequentano le università romane: «Togliere queste tratte è una volontà politica perché ora il rischio è che vadano perse per sempre, a vantaggio dei players a mercato» insiste l’assessore De Rebotti. Per l’Umbria, peraltro, c’è una beffa ulteriore. Già i pendolari alla stazione Termini sono costretti a percorrere quasi 800 metri per raggiungere i famigerati binari 1-2 Est, quelli da cui partono i treni dedicati. Ora però inizieranno lavori anche lì. Dunque da agosto – e per un mese – il treno a Termini nemmeno fermerà più. Capolinea spostato alla stazione Tiburtina, poi il cielo provvede.
Di Emanuele Lombardini
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
Leggi anche