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Incidente Roma

Per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio

Il compleanno di una 17enne, in un giovedì qualunque romano, si è trasformato in tragedia
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Per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio

Il compleanno di una 17enne, in un giovedì qualunque romano, si è trasformato in tragedia
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Per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio

Il compleanno di una 17enne, in un giovedì qualunque romano, si è trasformato in tragedia
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Il compleanno di una 17enne, in un giovedì qualunque romano, si è trasformato in tragedia
Il compleanno di una 17enne, in un giovedì qualunque romano, si è trasformato in tragedia, in quella solita carneficina a cui non possiamo e dobbiamo abituarci. La macchina che si ribalta più volte, il boato di fine corsa contro un lampione, poi un albero. All’interno sei ragazzi, tutti tra i 17 e i 22 anni. Questo il bilancio finale: cinque vittime e un ferito grave. Saranno le indagini a chiarire la dinamica di questo incidente – sono al vaglio la velocità della vettura e le condizioni disastrose dell’asfalto, aggravate probabilmente dalle temperature rigide di questi giorni – ma ciò che resta già adesso, chiaro e forte, è lo sconcerto dinanzi ad episodi simili che si moltiplicano anziché diminuire. Al di là del singolo episodio di cronaca, comprendere i motivi che spingono molti giovani a non avere rispetto per le proprie e altrui vite resta il primo quesito. Che mettersi alla guida alterati possa portare a stragi simili è la cronaca che lo conferma. Perché allora questi ragazzi continuano a farlo? La linea sottile che divide la vita vera dalla realtà parallela della fantasia – di sicuro alimentata dai social – sembra non esistere per le nuove generazioni. La voce interiore, quella della coscienza, che dovrebbe parlarci al momento opportuno appare come silenziata. Lo sprezzo del pericolo, invece, resta l’unico Dio da idolatrare, collezionando avventure con cui riempire i feed di IG e TikTok. L’idea di potersela cavare sempre: come quando si spinge un coetaneo verso un treno in movimento e solo per miracolo non ci scappa il morto oppure quando ci si aggrappa a un autobus per gioco (è il dilagante fenomeno del “bus surfing”) . Idiozie determinate da una sconfortante diseducazione al rispetto della vita. Una responsabilità che però riguarda tutti noi, perché l’educazione è un tema collettivo. Ci piaccia oppure no. “Per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio” recita non a caso un antico proverbio africano. Riflettiamo, tutti insieme. di Raffaela Mercurio

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