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Quella follia che continua a colpire e si fa finta di non vedere

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Non è la prima volta che degli squilibrati scelgono di colpire persone a caso per dare sfogo alle proprie frustrazioni. Il caso dell’accoltellamento di Gae Aulenti a Milano riaccende inevitabilmente i riflettori sulla necessità di contenere in qualunque modo queste persone disturbate, un pericolo per se stesse e per gli altri

Quella follia che continua a colpire e si fa finta di non vedere

Non è la prima volta che degli squilibrati scelgono di colpire persone a caso per dare sfogo alle proprie frustrazioni. Il caso dell’accoltellamento di Gae Aulenti a Milano riaccende inevitabilmente i riflettori sulla necessità di contenere in qualunque modo queste persone disturbate, un pericolo per se stesse e per gli altri

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Quella follia che continua a colpire e si fa finta di non vedere

Non è la prima volta che degli squilibrati scelgono di colpire persone a caso per dare sfogo alle proprie frustrazioni. Il caso dell’accoltellamento di Gae Aulenti a Milano riaccende inevitabilmente i riflettori sulla necessità di contenere in qualunque modo queste persone disturbate, un pericolo per se stesse e per gli altri

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Nonostante il profilo di rischio, Vincenzo Lanni – l‘uomo che ieri ha accoltellato una donna a caso in piazza Gae Aulenti – non era seguito da alcun servizio psichiatrico. Nessun controllo, nessun monitoraggio. Era semplicemente lì, libero di muoversi, un potenziale assassino in attesa dell’occasione giusta.

Il suo non è un caso isolato, ma un copione che si ripete. E’ accaduto, accade e purtroppo riaccadrà.
Un individuo con disturbi psichici evidenti, lasciato a se stesso, libero di trasformare la propria rabbia in violenza. Un sistema che registra, archivia e dimentica, fino al prossimo atto di sangue.

Ci limitiamo a chiamarli “folli”, ma la follia, se ignorata, diventa responsabilità collettiva.
Perché dietro ogni aggressione di questo tipo non c’è soltanto una mente malata, c’è anche uno Stato che fa finta di non vedere, che sceglie di non intervenire.

Non basta dire che “servono più risorse per la salute mentale”.
Serve una svolta culturale: comprendere che la prevenzione psichiatrica è anche sicurezza pubblica.
Che alcuni soggetti, all’occorrenza, debbano essere curati e monitorati anche contro la loro volontà. Non per punizione, ma per tutela: la loro e quella degli altri.

Ogni volta che un uomo come Lanni colpisce, non è solo la sua follia a vincere, ma anche l’indifferenza.
Abbiamo costruito un sistema che preferisce intervenire dopo, contare le vittime, cercare spiegazioni che conoscevamo già. Forse è tempo di cambiare rotta. Nessuno chiede la riapertura di quei luoghi dimenticati da Dio come i manicomi ma è evidente come servano strutture all’altezza in grado di contenere persone come Lanni, anche contro la loro volontà. Invece quest’ultimo era stato allontanato dall’istituto di accoglienza dove si trovava proprio perché aveva manifestato segni di squilibrio importanti che dovevano essere dei segnali premonitori e che invece sono rimasti inascoltati.
La violenza imprevedibile non lo è mai davvero fino in fondo: lascia tracce, avvisi, segnali.
Il problema è che chi dovrebbe vederli spesso si gira dall’altro lato. Forse perché in fin dei conti ci si abitua a tutto, persino alla violenza, finché non ci scappa il morto.

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