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Reti rotte

La tragedia di Ravanusa lascia tutti sconvolti per la dimensione dell’accaduto e il terribile bilancio arrivato a 7 morti. Il tema delle infrastrutture italiane è doloroso e annoso al tempo stesso.
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La tragedia di Ravanusa lascia tutti sconvolti per la dimensione dell’accaduto e il terribile bilancio arrivato a 7 morti. Il tema delle infrastrutture italiane è doloroso e annoso al tempo stesso.
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La tragedia di Ravanusa lascia tutti sconvolti per la dimensione dell’accaduto e il terribile bilancio arrivato a 7 morti. Il tema delle infrastrutture italiane è doloroso e annoso al tempo stesso.
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La tragedia di Ravanusa lascia tutti sconvolti per la dimensione dell’accaduto e il terribile bilancio arrivato a 7 morti. Il tema delle infrastrutture italiane è doloroso e annoso al tempo stesso.
La tragedia di Ravanusa lascia sbigottiti per la dimensione dell’accaduto, il terribile bilancio arrivato, quando andiamo in stampa, a 7 morti e le testimonianze di chi scava da domenica nel tentativo prima di trovare dei sopravvissuti e poi solo per la pietosa opera di recupero dei resti delle vittime. «Sembrava Beirut», la sintesi più efficace raccolta fra chi abitava in quel raggio di 400 metri letteralmente raso al suolo o nell’area limitrofa. La Procura di Agrigento è solo all’inizio del suo lavoro e in questa fase sarebbe sconsiderato, più che imprudente, lanciarsi in ipotesi o valutazioni che non ci competono. Basandosi sui rilievi e sulle dichiarazioni dei Vigili del Fuoco nelle prime ore dopo l’accaduto, comunque, sembra altamente probabile che a causare il disastro sia stata una ‘bolla di gas’ formatasi al di sotto delle palazzine sbriciolate dalle esplosioni. Non stiamo parlando di casi che la cronaca ben conosce, in cui l’imprudenza o l’imperizia umana fanno da innesco a tragici avvenimenti. Non c’erano – a quanto è dato sapere – caldaie difettose o bombole incautamente utilizzate, come testimoniato peraltro dalla stessa portata dell’esplosione e dalle sue immani conseguenze. Bisognerà approfondire per capire, ma solo una consistente perdita di gas e un suo accumulo può – a rigor di logica – aiutare a capire cosa possa essere accaduto. La società che gestisce gli impianti in zona, la Italgas, ha immediatamente sottolineato di aver controllato la rete sia nel 2020 che quest’anno e non abbiamo motivo alcuno per dubitare della veridicità dell’affermazione e della serietà dei controlli effettuati. Eppure, in attesa che la magistratura faccia il suo lavoro con l’ausilio dei tecnici, non basta capire come sia potuta accadere una simile tragedia. Si resta attoniti, infatti, dall’atroce beffa di un sistema di gestione, controlli e costi che evidentemente non funziona. Con conseguenze potenzialmente disastrose. Nella bolletta energetica italiana la quota che paghiamo per il costo dell’energia vero e proprio non arriva alla metà – per l’esattezza al 45% – mentre il 25% se ne va in imposizione fiscale, fra Iva e accise. Manca all’appello un 30%, che è determinato dai cosiddetti ‘oneri generali’. Sono le spese di manutenzione dell’infrastruttura, compresa la rete di distribuzione locale e la gestione dei contatori. In questo 30% ricadono anche i contributi per le energie rinnovabili, ma riflettendo su Ravanusa quello che vogliamo richiamare è l’assoluta (e tragica) incongruenza fra l’esborso richiesto al cittadino-cliente e la qualità del servizio. Quest’ultimo non può certo prescindere dalla prevenzione e da una cura che si vorrebbe maniacale della sicurezza. Il tema delle infrastrutture italiane, del resto, è doloroso e annoso al contempo: si pensi all’irrisolto problema della rete idrica, che determina spaventosi sprechi del bene più prezioso in assoluto. Così, mentre proviamo un gusto perverso nel litigare sul concetto filosofico di ‘acqua pubblica’, ne sprechiamo quantità indicibili – con punte sconfortanti proprio in Sicilia – perché nessuno bada alla rete. Il motivo? Brutalmente detto, perché non se ne trae alcun vantaggio economico. Alla faccia del bene pubblico. I casi restano diversi e non sovrapponibili, ma riportano ciascuno alla cura delle reti energetiche, alla gestione delle risorse e alle scelte da operare per calmierare per quanto possibile i costi a carico del cittadino. Da quelli più banali in bolletta – per i quali converrebbe far scendere la quota destinata al fisco piuttosto che inseguire vanamente le fluttuazioni del prezzo delle materie prime – sino ai più insopportabili in termini di vite umane e danni materiali. Causati da una gestione delle infrastrutture che troppe volte appare inadeguata e datata come le reti stesse.   di Fulvio Giuliani

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