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Riprendere e condividere tutto, mania libera contro la libertà

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Lo scandalo della festa di Natale, organizzata l’anno scorso dallo staff del premier Johnson a Downing Street durante il lockdown in Gran Bretagna, ci ricorda la morbosità ossessiva di voler riprendere qualsiasi attimo della nostra vita, pagandola a volte a caro prezzo.

Riprendere e condividere tutto, mania libera contro la libertà

Lo scandalo della festa di Natale, organizzata l’anno scorso dallo staff del premier Johnson a Downing Street durante il lockdown in Gran Bretagna, ci ricorda la morbosità ossessiva di voler riprendere qualsiasi attimo della nostra vita, pagandola a volte a caro prezzo.
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Riprendere e condividere tutto, mania libera contro la libertà

Lo scandalo della festa di Natale, organizzata l’anno scorso dallo staff del premier Johnson a Downing Street durante il lockdown in Gran Bretagna, ci ricorda la morbosità ossessiva di voler riprendere qualsiasi attimo della nostra vita, pagandola a volte a caro prezzo.
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Il fatto in sé è clamoroso e ha costretto il primo ministro inglese Boris Johnson a scuse inequivocabili e piuttosto imbarazzanti alla Camera dei Comuni. La festa di Natale che sarebbe stata organizzata l’anno scorso dallo staff del premier a Downing Street – quando il Regno Unito era in lockdown duro, i parenti non potevano incontrarsi tra di loro e, ben peggio, si moriva in solitudine in ospedale – ha indotto Johnson a cospargersi letteralmente il capo di cenere in Parlamento. Il capo del governo di Sua Maestà ha dovuto riconoscere l’estrema gravità di quanto accaduto, per quanto si sia sforzato in tutti modi di non pronunciare mai la frase «festa di Natale». Magra consolazione, mentre stampa e social si scatenavano. In un’altra pagina di questo numero ci occupiamo delle ricadute indirette di tutto questo nel Regno Unito, che si troverà infine a dover fare i conti con un Green Pass non lontano da quello varato in una prima fase in Italia. Ciò che ci preme sottolineare, in questa sede, è come la vicenda sia emersa e ragionarci. L’addetta stampa di Downing Street fino allo scorso aprile, Allegra Stratton, non seppe resistere alla tentazione di rispondere a domande scherzose di colleghi su quella festa balorda, durante le prove tecniche di una conferenza stampa del governo. Qualcuno o più d’uno dello staff riprese il tutto con uno smartphone. L’intenzione, magari, non sarà stata quella di diffondere le immagini, considerato che i presenti non potevano non sapere di parlare di un happening illegale (o forse fu proprio quella, pensando a futuri ricatti). Sia come sia, non si riuscì a resistere alla tentazione. Proprio quella che proviamo tutti quotidianamente, quando afferriamo compulsivamente il nostro telefonino per riprendere qualsiasi cosa riteniamo sia degna di essere ripresa, per condividerla o meno. È un riflesso condizionato, uguale più o meno per tutti e a tutte le età. Lo si fa senza riflettere sull’utilità del gesto e sulle conseguenze dello stesso. Perché registrare, archiviare, conservare è di per sé un rischio per quella sfera dell’essere umano che non dovremmo negare ma saper controllare. Ci riferiamo alle innocenti evasioni, ai momento in cui ci lasciamo andare – sempre entro certi limiti – scherzando, giocando, concedendoci minime trasgressioni che però riprese in video, estrapolate dal contesto, diffuse ad arte o commentate con malizia possono diventare tutt’altro. Per essere chiari, non ci passa neppure per l’anticamera del cervello l’idea di giustificare comportamenti non diciamo fuori dal dettato della legge, ma neppure del rispetto degli altri e di noi stessi. Al contempo, però, vorremmo poter ancora difendere il diritto dell’essere umano a una quota di innocenti trasgressioni, anche a quello della battuta salace, di una volgarità contestualizzata, della ricerca di una sana risata senza troppi perché e percome. Si è sempre fatto, negli ambiti e nei momenti corretti, sapendo distinguere la sostanza dei nostri pensieri e delle nostre azioni da quei momenti di leggerezza a cui non si può rinunciare senza pagare un prezzo. Salato. Non sappiamo dirvi se in futuro potrà essere ancora così, perché l’ansia-mania di condividere qualsiasi cosa significa spalancare l’occhio della telecamera su momenti della nostra esistenza che non hanno alcun senso se fuori contesto e lontani da noi stessi e dalla nostra cerchia più intima. Per paradosso, se avessimo ‘socializzato’ parte della vita privata e delle manie di alcuni dei più grandi statisti del XX secolo, a cominciare da Churchill e Roosevelt, forse la storia avrebbe preso un corso diverso. Stiamo molto attenti a confondere il diritto di cronaca con la morbosa curiosità, perché la seconda può rovinare la vita delle persone e corrompere la società. Ancor più in una fase storica in cui abbondano moralisti e Savonarola da quattro soldi. I nostri smartphone sono magnifici e irrinunciabili, ma sono anche un’arma. Vediamo di non caricarla noi stessi a pallettoni. di Fulvio Giuliani

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