Ritornato dal Padre, il mondo senza la voce di Francesco
Papa Francesco: si è spenta una voce che dava senso e speranza a chi non si rassegna all’idea che tutto si riduca a un rapporto di forza
Ritornato dal Padre, il mondo senza la voce di Francesco
Papa Francesco: si è spenta una voce che dava senso e speranza a chi non si rassegna all’idea che tutto si riduca a un rapporto di forza
Ritornato dal Padre, il mondo senza la voce di Francesco
Papa Francesco: si è spenta una voce che dava senso e speranza a chi non si rassegna all’idea che tutto si riduca a un rapporto di forza
Si è spento Papa Francesco. Si è spenta una voce che dava senso e speranza a chi non si rassegna all’idea che tutto si riduca a un rapporto di forza. O di potenza, come è tornato drammaticamente d’attualità.
Si è spenta la voce di Papa Bergoglio, proprio nel momento in cui abbiamo più bisogno che non ci si rassegni all’omologazione verso il basso. Il basso della legge del più forte, della sopraffazione, dei deboli disprezzati in quanto tali e spinti a starsene zitti e buoni ad attendere ciò che decideranno altri per loro.
Si è spenta la sua voce quando avremmo avuto più bisogno di un’idea diversa di rapporti fra Stati e popoli.
C’è qualcosa di profondamente evocativo nell’addio a Papa Francesco proprio in questi giorni mai visti in Europa, da ottant’anni a oggi. Giorni in cui si è rifiutato di risparmiarsi, offrendo l’esempio dell’abnegazione al proprio dovere.
Lui, primo Papa della storia arrivato dal remoto Sudamerica, primo gesuita sul Soglio di Pietro, primo pontefice portatore di una visione del mondo così riconoscibile nel suo punto di vista latino-americano.
Non è stato certo un cantore dell’Occidente e dei suoi valori, severo nei confronti del capitalismo. Spesso critico degli eccessi (a suo modo di vedere) dell’economia di mercato e dell’era digitale. Egli ha fatto storcere il naso a più di un governante o economista in Europa e Usa, ma restava solidissimo l’ancoraggio alla sfera dei diritti dell’individuo e delle comunità così come l’abbiamo conosciuta, coltivata e difesa in Occidente dal dopoguerra a oggi.
Ha un che di profondamente evocativo che la malattia abbia costretto Francesco al silenzio o quasi nelle sue ultime apparizioni pubbliche. Era solo una questione fisica ma è impossibile non essere colpiti dal simbolo: la voce che piano piano se ne va, si fa sempre più flebile proprio quando sarebbe maggiormente servita.
Non era uno che le mandava a dire, del resto, e piaceva proprio per questo a moltitudini di laici, oltre che alla vastissima comunità cattolica. A ben vedere, proprio in quest’ultima faceva sollevare più di un sopracciglio…
Sugli omosessuali, i divorziati e altri, nei confronti dei quali per secoli la chiesa non è riuscita a esprimere reale comprensione e accoglienza, le parole di Papa Francesco resteranno per sempre.
“Chi sono io per giudicare”: una frase che pronunciata da un Papa ha un che di sconvolgente. Ma gli ha garantito sconfinata popolarità fra tanti che da anni non avevano più alcuna consuetudine con i sacramenti o i precetti della chiesa cattolica.
Uno straordinario contraltare di chi, in questi tempi impetuosi, si affanna a propinare soluzioni drammaticamente semplicistiche alla grande complessità del mondo, delle relazioni internazionali e dei diritti degli uomini.
Oltre il diluvio di frasi fatte e lacrime di coccodrillo che stanno avvolgendo in queste ore la fresca memoria di Papa Francesco. Onoriamo i dubbi e il rispetto che l’hanno guidato nel suo viaggio.
Di Fulvio Giuliani
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