Skip to main content
Scarica e leggi gratis su app

Rovescio

|

Il problema non sono le inchieste, ma il “modello Milano”. I grattacieli ci sono e per realizzarli sono affluiti capitali privati e dall’estero

Rovescio

Rovescio

Il problema non sono le inchieste, ma il “modello Milano”. I grattacieli ci sono e per realizzarli sono affluiti capitali privati e dall’estero

|

Rovescio

Il problema non sono le inchieste, ma il “modello Milano”. I grattacieli ci sono e per realizzarli sono affluiti capitali privati e dall’estero

|

Il problema non sono le inchieste, ma il “modello Milano”. Sul fronte delle inchieste, in un Paese civile, ci sarebbe poco da argomentare: si attende che la giustizia – quindi la sentenza in giudicato – accerti la fondatezza dell’ipotesi accusatoria, che prima è solo e soltanto un’ipotesi. Se la Procura sarà in grado di provare le accuse, i condannati saranno indirizzati a giusta pena. Se non sarà capace, ripetutamente, chi abita la Procura verrà indirizzato ad attività per le quali dimostri maggiore perizia e vocazione. Ma questo, da molto tempo, non è un Paese civile: funziona al rovescio e difatti ha già aperto il dibattimento alla bettola giornalistica, ben prima che quello vero si veda anche solo da lontano. Ciò non toglie implicazioni politiche rilevanti nel “modello Milano”.

Non esistono soltanto i moti dell’anima, ma anche gli interessi materiali in competizione fra loro. La politica di quelli si occupa e supporre che occuparsene sia una specie di crimine è tipico di chi non ha mai capito in che consiste la democrazia. L’ha presa per un aggettivo, piuttosto che per un sistema decisionale e di governo. Maneggiare interessi materiali non comporta il doversi sporcare le mani, purché ricorrano alcune condizioni.

Gabriele Albertini, già sindaco di Milano, ha esposto il suo “modello Milano”: abbiamo –dice – investito molti quattrini e non abbiamo mai avuto problemi giudiziari, anche perché informavo prima il capo della Procura, Borrelli, il quale mi indirizzava a non coinvolgere soggetti che erano o sarebbero stati indagati. Ha funzionato, ne va fiero, ma c’è un dettaglio: è uno sputo sulla Costituzione. Perché un indagato è da considerarsi innocente ed escluderlo soltanto sulla base dell’indicazione del procuratore, per giunta all’orecchio del decisore, è una totale violazione dei suoi diritti costituzionali. In pratica Albertini ha descritto il suo “modello Milano” come totalmente illegale, ma furbo al punto giusto da associare l’indagatore e non farsi indagare.

La pulizia della politica non comporta il sottrarsi agli interessi in concorrenza, ma nel praticare la concorrenza nel rappresentarli. Significa che se l’amministrazione di turno presenta un’idea urbanistica, la concorrenza politica non consiste nello scegliere chi la realizza ma nell’averne una alternativa: più o meno verde; più edilizia abitativa o produttiva; più alta o più bassa e via andando. Se mancano le idee ci si concentra su progettisti e costruttori, gioendo se l’avversario è accusato d’intrallazzo e imboccando a passo di carica la via del giustizialismo. Non si ha idea di cosa sia giusto o sbagliato e ci si fa suggerire cosa è lecito o illecito. Un suicidio politico, assistito da scomposti schiamazzi.

L’altro aspetto del “modello Milano” consiste nel fatto che la Procura ha una spiccata tendenza a non occuparsi di reati e persone che li commettono, ma di sistemi ambientali. Ed è qui che si apre un insanabile conflitto istituzionale perché, se è indubbio che il magistrato debba essere libero nel perseguire, è non meno indubbio che ove voglia processare un modello e un ambiente mette malamente i piedi nel piatto degli indirizzi guidati dal consenso elettorale, banalmente detto: politica. Il che porta a inchieste che durano anni e coinvolgono decine di persone, giacché accontentarsi di un reo e un reato significa rinunciare al risanamento ambientale. Che non risulta essere fra i compiti della giustizia, anzi la rovescia, perché inchieste e processi si trascinano per lustri, con gran pacchia dei colpevoli, inferno degli innocenti (magari esclusi dal lavoro per sussurro del procuratore) e distruzione di civiltà e ricchezza.

L’altra particolarità del “modello Milano” è che i grattacieli ci sono e per realizzarli sono affluiti capitali privati e dall’estero. Il ponte sullo Stretto di Messina non c’è e per non costruirlo si sono sprecati fiumi di quattrini pubblici, attirando sospetti di ogni tipo. E mi punge vaghezza che questo aspetto del modello abbia appena subìto un rovescio.

Di Davide Giacalone

La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!

Leggi anche

19 Luglio 2025
Pedro, attaccante della Lazio, pubblica le foto del compleanno del figlio Marc e riceve una valang…
19 Luglio 2025
Caso Garlasco, la Procura di Pavia mette un freno: “Stop alle congetture, si genera solo confusion…
19 Luglio 2025
Pulmino con disabili finisce nel torrente Agno a Recoaro Terme: otto feriti, uno è grave. L’autist…
18 Luglio 2025
Open Arms, la Procura di Palermo fa ricorso immediato in Cassazione contro Salvini. Il procediment…

Iscriviti alla newsletter de
La Ragione

Il meglio della settimana, scelto dalla redazione: articoli, video e podcast per rimanere sempre informato.

    LEGGI GRATIS La Ragione

    GUARDA i nostri video

    ASCOLTA i nostri podcast

    REGISTRATI / ACCEDI