Se nemmeno l’amore di un figlio può salvare un no vax
Le convinzioni di alcuni no vax sono tra le più estreme e dure. Anche di fronte al grido disperato di un figlio che chiede al proprio genitore la cosa più ovvia del mondo: curarsi per non morire.
| Cronaca
Se nemmeno l’amore di un figlio può salvare un no vax
Le convinzioni di alcuni no vax sono tra le più estreme e dure. Anche di fronte al grido disperato di un figlio che chiede al proprio genitore la cosa più ovvia del mondo: curarsi per non morire.
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Se nemmeno l’amore di un figlio può salvare un no vax
Le convinzioni di alcuni no vax sono tra le più estreme e dure. Anche di fronte al grido disperato di un figlio che chiede al proprio genitore la cosa più ovvia del mondo: curarsi per non morire.
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Le convinzioni di alcuni no vax sono tra le più estreme e dure. Anche di fronte al grido disperato di un figlio che chiede al proprio genitore la cosa più ovvia del mondo: curarsi per non morire.
Abbiamo tutti in mente La Pietà di Michelangelo, una delle opere più straordinarie di tutti i tempi. La scultura è la celebre rappresentazione di una madre che, nel suo dolore straziante, cerca di sorreggere per l’ultima volta il figlio morente.
Maria, china su Gesù, non può che assistere al suo trapasso.
Immaginiamo ora questa scena a ruoli invertiti: un figlio scongiura il padre di farsi curare per non morire. Non siamo più nel Vangelo, ma nel 2021.
Quel padre si chiamava Alessandro Mores, era veneto, aveva 48 anni e tre figli. E’ morto l’altro giorno, doveva essere intubato ma si è rifiutato fino all’ultimo, anche quando è stato il figlio più grande in videochiamata a scongiurarlo di accettare le cure. “Tanto guarisco lo stesso” diceva ai suoi bambini, ma così non è stato.
Alessandro era un convinto no vax.
Un padre, pur consapevole di essere vicino alla morte, che non si piega nemmeno di fronte alle suppliche del figlio.
Un episodio tragico in un quadro di follia, quella delle convinzioni più estreme e dure, come altre storie di no vax, tra cui quella famosa di Mauro da Mantova che, nella trasmissione radio La Zanzara, si era vantato di essere andato al supermercato seppur positivo. Anche lui è morto dopo quasi un mese di ospedale dove era arrivato già in condizioni critiche. La stessa sorte è toccata a un altro padre di famiglia, appena 39enne del Trentino, che alcuni giorni prima di essere ricoverato, aveva scritto sui suoi social: “Non vi sembra che è come se ci hanno messo una museruola dove non siamo liberi di esprimere il nostro parere? Dove siamo schiavi di un sistema più grande di noi?”.
Pensieri fermi, irremovibili. Anche di fronte al grido disperato di un figlio che, al proprio padre, chiede la cosa più ovvia al mondo: “Papà, non lasciarmi solo”. Ma ciò che era ovvio prima di questa pandemia, ora evidentemente lo è più.
di Sara Tonini
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