Sorridi, scatta e posta: la strage silenziosa dei killfie
I cosiddeti “killfie” (crasi tra il verbo “to kill” e la parola “selfie”) sono un fenomeno in aumento. E sono potenzialmente letali
Lo scorso 15 luglio a Cesiomaggiore, nel bellunese, una ragazza di quindici anni ha perso la vita a causa del cedimento di un costone di roccia sul quale era salita, insieme a un’amica, per scattare un selfie. Un motociclista 48enne in viaggio in Romania, si stava filmando vicino a un’orsa quando l’animale lo ha attaccato e trascinato in un burrone infierendogli ferite mortali. Solo cinque mesi prima, a Latina, un ragazzo di 29 anni ha perso l’equilibrio cadendo nel vuoto dall’ottavo piano mentre cercava di fare un selfie estremo. Sono solo i casi più recenti di killfie finiti in tragedia. Questo fenomeno preoccupante è in drastico aumento, soprattutto tra i più giovani.
Per capire l’estensione del fenomeno basta aprire la sezione reel dei nostri social. Ogni giorno assistiamo a video di persone che fanno parkour sui grattacieli o manovre pericolose in auto, o ancora chi si tuffa dai faraglioni, o semplicemente chi rischia la vita per fare una foto o un video ad effetto da postare in bacheca.
I killfie sono selfie potenzialmente letali
Selfie potenzialmente letali: il termine “killfie” nasce da una crasi tra il verbo “to kill” e la parola “selfie”. Sono, dunque, autoscatti pensati per stupire gli utenti dei social media e incassare like che però vengono eseguiti in situazioni estreme e pericolose.
Le dichiarazioni di Raffaella Saso, vicedirettrice dell’istituto di ricerca Eurispes
Nel 2019 Raffaella Saso, vicedirettrice dell’istituto di ricerca Eurispes, li ha definiti come: “Comportamenti di estrema imprudenza soprattutto da parte dei giovani, alla ricerca di adrenalina o nel tentativo di apparire audaci […] un narcisismo acrobatico, la ricerca della spettacolarizzazione, che non riguarda solo chi resta ucciso o ferito, ma anche i selfie fatti sui luoghi di tragedie, un comportamento riprovevole sul piano etico”.
Killfie e morte
Secondo i dati raccolti e analizzati dalla Fondazione IO, tra il 2008 e il 2021 si sono contate almeno 379 morti da selfie estremo. Il numero è in vertiginoso aumento: già nel 2021 nel mondo moriva circa una persona a settimana. Non stupisce constatare che l’età media delle persone venute a mancare sia di 24 anni.
Tra gli scenari più comuni figurano le cadute da grattacieli (che riguardano i rooftoppers), alture e dirupi seguite dagli incidenti stradali o su mezzi di trasporto per chiudere con l’annegamento. Questa ecatombe rimane sottostimata perché molte di queste morti, spesso, non vengono nemmeno conteggiate. Secondo il report preso in esame, i turisti corrispondono a quasi un terzo delle persone coinvolte, circa il 30%. Per questo motivo gli studiosi hanno quindi deciso di stilare una classifica dei luoghi più “pericolosi” dove fare selfie. Al primo posto, con il maggior numero di morti, c’è l’India (100) seguita da USA (39) e Russia (33); l’Italia, con sei decessi nel periodo di riferimento, compare all’undicesimo posto della classifica.
di Angelo Annese
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!