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Suicidio Tav

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I No Tav non hanno ancora spiegato ai valsusini contrari e a quelli perplessi perché l’ambiente verrebbe messo a rischio dalle due gallerie monocanna

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Suicidio Tav

I No Tav non hanno ancora spiegato ai valsusini contrari e a quelli perplessi perché l’ambiente verrebbe messo a rischio dalle due gallerie monocanna

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I No Tav non hanno ancora spiegato ai valsusini contrari e a quelli perplessi perché l’ambiente verrebbe messo a rischio dalle due gallerie monocanna

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Gli ambientalisti vedono nella velocità un nemico temibile alla loro causa e la linea ad Alta capacità ferroviaria (ribattezzata convenzionalmente Tav) che dovrebbe unire Lione a Torino è diventata il totem di ogni loro battaglia in Piemonte. Dicono che il progetto è vecchio. E hanno ragione, perché da oltre trent’anni sono loro a impedirne i lavori, a occupare i cantieri e a costringere i governi a impiegare migliaia di agenti di polizia per tutelare i lavoratori dalle aggressioni dei Centri sociali.

Gli ambientalisti della Val Susa stanno invecchiando insieme al progetto. Sono nati come la propaggine italiana dei No Global degli anni Novanta, quelli che il mondialismo crea schiavitù, depriva i popoli delle loro tradizioni e deturpa il territorio. Grazie a loro abbiamo visto confermata la teoria di Francesco Alberoni: i movimenti nascono a sinistra e si istituzionalizzano a destra. Trump e i sovranisti variamente denominati ringraziano le Naomi Klein e i Noam Chomsky. E quegli ambientalisti che si sono ritrovati domenica scorsa, come accade per gli ex liceali, per fare memoria dello sgombero del cantiere di Venaus, teatro vent’anni prima dei tafferugli con la polizia.

Per stare alla Torino-Lione: si tratta di una linea di 270 km (189 francesi, 81 italiani) ma il pomo della discordia è il tunnel sotto le Alpi. È lungo circa 120 km e a maggio di quest’anno ne erano stati scavati poco più di 15. La Tav è parte del Corridoio Mediterraneo, inserito nel più ampio progetto europeo delle Reti transeuropee dei trasporti (Ten-T) il cui obiettivo è il collegamento diretto da Lisbona a Kyiv (Putin è avvisato). Il piano Ten-T dovrebbe produrre, entro il 2040, investimenti nelle reti ferroviarie europee stimati in 345 miliardi. Fra i progetti in corso, oltre alla Torino-Lione ci sono la Rail Baltica, il tunnel di Fehmarn (Danimarca-Germania) e nuove linee in Italia (Napoli-Bari, Brescia-Verona-Padova). La Torino-Lione è finanziata dalla Commissione europea, che copre il 40% dei costi della tratta transfrontaliera (tunnel di base); dall’Italia per il 58% (quindi il 35% del totale) e dalla Francia per il 42% (il 25% del totale). Le quote dei due Stati sono affidate al promotore pubblico (Telt) che supervisiona i lavori.

I No Tav non hanno ancora spiegato ai valsusini contrari e a quelli perplessi perché l’ambiente verrebbe messo a rischio dalle due gallerie monocanna, mentre sarebbe meglio tutelato dall’attuale assetto logistico che registra il transito di circa 1 milione di mezzi (in gran parte Tir) che entrano o escono dal traforo del Fréjus dopo aver attraversato la valle e scaricato migliaia di tonnellate di anidride carbonica.

Intorno alla Tav sono nate carriere politiche, divisioni nei partiti e nei governi italiani, confusione nei progettisti. Salvini ha preso parte attivamente a manifestazioni con i No Tav prima di cambiare idea. Al governo con i grillini, nel 2018, si presentò come sostenitore dell’opera in aperto contrasto con Giuseppe Conte e il M5S. Assunse a fama internazionale Alberto Perino, valsusino doc, fiero oppositore dal 1989 e animatore ‘non violento’ del movimento. Nella hall of fame della Tav ha trovato posto Mercedes Bresso, presidente della Regione Piemonte dal 2005 al 2010, prima di essere eletta al Parlamento europeo. Entrò in contrasto con Sergio Chiamparino, sindaco di Torino, favorevole a liste comuni Pd-Pdl in Val Susa per contrastare i No Tav. Bresso rivendicò piena autonomia al partito locale, che scelse di dar vita a liste insieme ai No Tav che vinsero in gran parte dei Comuni.

Più la Tav ritarda, più il palcoscenico si affolla di protagonisti. Così nell’estate 2018 Mino Giachino porta quasi 50mila torinesi in Piazza Castello per gridare Sì Tav. Con lui ci sono le battagliere “madamine”, signore della borghesia torinese. È un fuoco fatuo. Poche settimane dopo c’è la diaspora delle “madamine” ma una di loro, Giovanna Giordano Peretti, accetta di candidarsi al Comune nelle liste del ‘civico’ Paolo Damilano. I No Tav tornano però alla carica e piazzano il loro colpo migliore con l’elezione di una pasionaria come Chiara Appendino. Da sindaco di Torino diventa la garante per eccellenza della ‘decrescita felice’.

Di fronte ai ripensamenti e agli stop and go dei governi italiani, in passato si è fatto avanti più volte il governo della Svizzera per ospitare la tratta alpina dell’opera. Un Paese conosciuto per la gelosa conservazione dell’ambiente e l’amore per lo sviluppo.

Di Massimo Colaiacomo

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