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Un orrore sempre uguale

L’omicidio della giovanissima Celine ieri a Silandro, in Alto Adige, è un copione che si ripete sempre uguale a sé stesso: quello del femminicidio spietato
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Un orrore sempre uguale

L’omicidio della giovanissima Celine ieri a Silandro, in Alto Adige, è un copione che si ripete sempre uguale a sé stesso: quello del femminicidio spietato
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Un orrore sempre uguale

L’omicidio della giovanissima Celine ieri a Silandro, in Alto Adige, è un copione che si ripete sempre uguale a sé stesso: quello del femminicidio spietato
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L’omicidio della giovanissima Celine ieri a Silandro, in Alto Adige, è un copione che si ripete sempre uguale a sé stesso: quello del femminicidio spietato
Ancora. E ancora. E poi ancora. Un ex che non accetta la fine di una storia come migliaia di altre, confonde possesso bestiale con “amore“ e afferra un coltello, una pistola, una pietra, colpisce, ferisce, uccide. Uccide per l’odio più nero che c’è, innescato dalla scelta di libertà di una donna che rifiuta di annullarsi, di essere “di proprietà” di chicchessia. Una scelta che per l’ex accecato da quell’odio è solo una pretesa degna della punizione più atroce. L’omicidio della giovanissima Celine ieri a Silandro, in Alto Adige, è così simile a quello di Cologno Monzese e tanti altri da lasciare un senso di sgomento totale in chiunque rifiuti anche solo l’idea dell’“inevitabilità“ di tutto ciò. In chi non accetta si accampino scuse via via più risibili, pur di non ammettere che abbiamo un problema con un certo tipo di maschio. Simili sono i delitti, simili sono le parole e gli sguardi vuoti, i concetti sempre uguali che accompagnano il “dopo”. Costante il rifiuto del libero arbitrio della donna “posseduta”. Non sappiamo più cosa scrivere che non sia stato scritto, detto, urlato mille volte. Per un’infinità di vite spezzate da uomini cresciuti con un’idea malata dell’amore, della passione, del bene e del rispetto che si dovrebbe agli altri. L’unico antidoto che ci sentiamo di invocare, prima di sprofondare tutti nell’indifferenza, è continuare a scriverne e parlarne. Accettare di guardare nell’abisso nero, provare a scorgere qualcosa nelle teste di assassini ossessionati sino alle estreme conseguenze dall’insopportabile (per loro) desiderio di libertà di una donna. Approfondire l’ennesima storia malata, in cui a volte si finisce senza rendersene conto, in altre ci si rifiuta di scorgere gli inequivocabili segnali di pericolo, violenza crescente, in taluni casi vera e propria follia pronta a esplodere. Come puoi mai pensare, del resto, che proprio quell’uomo a cui hai riservato sogni, attenzioni, carezze, intimità, bellezza, brividi ed emozioni possa essere pronto a stringerti le mani intorno al collo, afferrare un coltellaccio e piantartelo nello stomaco, prendere una pistola e scaricare su di te un intero caricatore. Se “va bene”, picchiarti, violentarti fisicamente e psicologicamente. Come può mai essere… eppure ci ritroviamo qui, dopo appena una manciata di giorni, a riflettere su una nuova tragedia quasi uguale a troppe altre, senza riuscire a trovare parole nuove e concetti originali. Solo frustrazione e dolore. di Fulvio Giuliani

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