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carceri minorili

Violenza nelle carceri minorili, lo Stato tuteli

Gli episodi di violenza nelle carceri minorili chiariscono quanto all’interno degli istituti si riproducano le stesse logiche di sopraffazione della strada
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Violenza nelle carceri minorili, lo Stato tuteli

Gli episodi di violenza nelle carceri minorili chiariscono quanto all’interno degli istituti si riproducano le stesse logiche di sopraffazione della strada
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Violenza nelle carceri minorili, lo Stato tuteli

Gli episodi di violenza nelle carceri minorili chiariscono quanto all’interno degli istituti si riproducano le stesse logiche di sopraffazione della strada
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Gli episodi di violenza nelle carceri minorili chiariscono quanto all’interno degli istituti si riproducano le stesse logiche di sopraffazione della strada

Violenza sessuale di gruppo e tortura. Un “trattamento inumano”, che lascia sconvolti ancora di più perché a metterlo in atto sarebbero stati tre giovanissimi. E perché l’episodio di cui parliamo, vittima un 16enne egiziano, è avvenuto dentro le mura del carcere minorile milanese “Beccaria”. A picchiare, stuprare e spegnere sigarette sul corpo sarebbero stati i compagni di cella di questo ragazzo. E tra di loro un trapper neo-maggiorenne, che fa parte del gruppo di nomi già noti non solo al pubblico ma soprattutto alle forze dell’ordine, ovvero Simba La Rue e Baby Gang.

Un episodio che sconcerta e apre spaccati inquietanti sulla realtà degli istituti di pena per minori. Per la prima volta, proprio per questo episodio, è stato contestato il reato di tortura a opera di detenuti su un altro detenuto. Reato finora contestato in ben pochi casi e solo per vicende riguardanti presunte violenze messe in atto dalle guardie carcerarie. Non che esista una scala di gravità delle cose, ma sicuramente la storia chiarisce quanto all’interno degli istituti si riproducano le stesse logiche di sopraffazione della strada. Dove le gerarchie si stabiliscono anche con l’uso della violenza.

Sono diciassette in Italia gli Istituti penali per minori e al 15 gennaio 2022 – secondo il rapporto dell’Associazione Antigone – erano 316 i detenuti lì rinchiusi, di cui circa la metà stranieri. Tra questi, 259 avevano tra i 14 e i 21 anni di età, il resto dai 21 ai 25 (fino al 2014 in quest’ultima fascia di età era prevista la detenzione in istituti per adulti). Un numero mai così basso dal 2007. Questo perché si fa un più ampio ricorso alle misure alternative, dagli arresti domiciliari all’affidamento in comunità. Verrebbe da immaginare quindi una situazione ben diversa dalle altre carceri, laddove vi è un cronico sovraffollamento accompagnato da una altrettanta cronica carenza di personale. Invece, come dimostra quanto successo a Milano, i problemi ci sono anche qui. A ottobre disordini erano scoppiati nell’Ipm di Palermo, una struttura dove prestano servizio ben 9 educatori per 22 detenuti.

Da sottolineare c’è il fatto che quando si tratta di minori è fondamentale che chi opera nelle carceri garantisca l’incolumità di chi vi si trova rinchiuso. Ancora di più che per gli adulti. I ragazzi hanno più di tutti la possibilità di essere riabilitati, espiare la pena ha l’obbiettivo di ricondurli alla vita sociale e a una vita adulta si spera lontano dai reati. Per questo episodi come quello del Beccaria non sono accettabili e ancora maggiore deve essere l’attenzione di chi quelle strutture le gestisce e di chi vi lavora.

di Annalisa Grandi

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