Una volta durante un colloquio di lavoro mi è capitato di rispondere a una domanda che sul momento mi lasciò parecchio basita: “perché una ragazza con le sue aspirazioni artistiche dovrebbe scegliere di lavorare come segretaria?”.
Davanti allo schermo, una schiera di persone stupite quanto me dalla mia risposta: “perché gradirei una stabilità economica”.
Contestualizzando: parliamo di poco tempo fa, piena pandemia, e il lavoro in questione io lo desideravo particolarmente. Avevo un affitto da pagare e nell’offerta erano compresi i buoni pasto.
Ricordo che la riposta fu quasi timorosa nel realizzare che una giovane ragazza che aveva speso anni di studio e sacrifici, era già stanca di provarci. Il mio interlocutore mi disse che era triste ma comprendeva, e che si dispiaceva per me e i miei coetanei. Io pensai che mi dispiacesse tremendamente non aver scelto di studiare informatica.
Siamo stati abituati a pensare di poter realizzare tutto ciò che desideriamo perché ora è più facile. Ora abbiamo gli strumenti e le possibilità economiche, mentre una volta i nostri genitori mica potevano permetterselo. Abbiamo ascoltato questa litania per anni, convincendoci che studiare, portare avanti le proprie aspirazioni, sarebbe stato un metodo di riscatto per l’intera famiglia.
Il problema è che questo ci ha portati a perdere di vista dei punti fondamentali.
Un’indagine di BCG pubblicata a fine 2020 ha rilevato che esiste un notevole divario tra domanda e offerta. Le discipline scelte dai giovani non soddisfano le esigenze del mercato con quasi 10 milioni di lavoratori male assortiti.
Viene da domandarsi quindi in che modo i giovani siano stati orientati nella scelta di un percorso di studi.
Oggi ci ritroviamo nel mondo del lavoro assolutamente inadeguati, con competenze inferiori o non richieste. Seguire le nostre aspirazioni senza la minima idea di visione o proiezione non sempre ha portato dei risultati e ora ne paghiamo le conseguenze.
Ci salverà forse la tanto millantata capacità di reinventarsi, acquisendo nuove skill, ritornando alla formazione.
Da grandi quindi siamo davvero quello che volevamo?
di Elena Bellanova
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