Degenerazione dall’afrore insurrezionale
La condizione della giustizia italiana ha superato il limite dell’indecenza, bisognerebbe smetterla di utilizzare le inchieste per fini politici.

Degenerazione dall’afrore insurrezionale
La condizione della giustizia italiana ha superato il limite dell’indecenza, bisognerebbe smetterla di utilizzare le inchieste per fini politici.
Degenerazione dall’afrore insurrezionale
La condizione della giustizia italiana ha superato il limite dell’indecenza, bisognerebbe smetterla di utilizzare le inchieste per fini politici.
Non possiamo ripetere un giorno sì e l’altro pure che la condizione della giustizia italiana ha superato il limite dell’indecenza, ma quella è la realtà. E neanche da poco tempo. La sola novità degli ultimi mesi è che si sono diradate, ora anche proibite (ma quanto dura?) le conferenze stampa in cui s’illustra di cosa è colpevole e perché chi, per la Costituzione, deve ancora essere considerato innocente.
In compenso si sono infittite, fino a divenire ossessive, le parole di magistrati che spiegano, nel dettaglio, quanto facciano pena, o peggio, i loro colleghi. Una guerra per bande armate di protagonismo, degenerazione ultima di una spartitocrazia armata di correntismo. Un tempo era unanime, la corporazione togata, nel respingere le accuse di taluni indagati, secondo cui c’era politica e manipolazione nelle inchieste che li riguardavano; ora sono le toghe a documentare quanto il collega sia manipolatore e politicamente indirizzato. Ragguardevole.
Prima di tagliare il solo traguardo in questo modo possibile, ovvero la totale perdita di credibilità, questa gazzarra va fermata. E anziché attendere che sia sempre qualcun altro a intervenire, con lo sguardo impropriamente rivolto al Colle, tocca alla politica capire che è ora di finirla di utilizzare le inchieste, attendendo invece le sentenze definitive e facendo così prevalere la legge, il diritto, sulle smanie di chi usa i doveri d’ufficio per agguantare i piaceri del consenso. Il che, in capo alla giustizia, ha un valore insurrezionale.
di Davide Giacalone
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