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Apple

Apple all’uscio della banca

L’attenzione al business bancario da parte dei colossi del web è nota, ma l’ultima novità di Apple ha fatto e farà parlare molto
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Apple all’uscio della banca

L’attenzione al business bancario da parte dei colossi del web è nota, ma l’ultima novità di Apple ha fatto e farà parlare molto
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Apple all’uscio della banca

L’attenzione al business bancario da parte dei colossi del web è nota, ma l’ultima novità di Apple ha fatto e farà parlare molto
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L’attenzione al business bancario da parte dei colossi del web è nota, ma l’ultima novità di Apple ha fatto e farà parlare molto

L’ultima novità di Apple ha fatto il giro del mondo in pochi clic. Apple Savings – servizio offerto dalla società californiana disponibile direttamente nell’app Wallet – garantirà un rendimento annuale del 4,15%, senza commissioni e saldo minimo (ma con un saldo massimo di 250mila dollari). Si tratta di uno strumento, per ora disponibile soltanto negli Stati Uniti, simile a un conto corrente ma pensato più per il risparmio del denaro che non per un uso quotidiano. Da notare comunque che negli Usa un titolo di Stato (il cosiddetto treasury) a un anno rende il 5%.

L’attenzione al business bancario da parte dei colossi del web è nota da tempo e non solo negli Stati Uniti. Famoso il caso di Alibaba che, in procinto di quotare Ant Group (colosso tra i principali player dei pagamenti digitali), fu costretta dal governo cinese a fare dieci passi indietro, ridimensionando in poche settimane le mire ambiziose di Jack Ma. La notizia è quindi risultata più sorprendente agli occhi dei non addetti ai lavori. Chi si occupa di banca dovrebbe infatti essere ben consapevole che nel campo da gioco non ci si confronta più soltanto tra simili, ma che i potenziali concorrenti vanno cercati al di fuori degli sportelli bancari.

Il prodotto arriva in un momento particolarmente difficile per il settore bancario e per quello del risparmio gestito, rendendo la notizia ancora più dirompente. Tuttavia, sarebbe sin troppo facile affermare che – alla luce di questi eventi e dell’ampia disponibilità di applicazioni fintechil percorso sia ormai tracciato e risulti evidente il desiderio di Apple (e altri simili) di trasformarsi in banche.

Le big tech scenderanno realmente in campo per presidiare questo mercato? Difficile dare una risposta, ma con il livello odierno di adempimenti di compliance e regolamentari è piu probabile una logica di collaborazione con pochi grandi plazer tradizionali. Di fatto è quello che è successo nel caso di Apple, che intelligentemente ha sfruttato la fiducia degli utenti nel suo marchio e l’offerta di ottime condizioni di mercato per aumentare il numero di servizi dedicati ai suoi utenti. Questo è stato possibile grazie a una collaborazione con Goldman Sachs, nome blasonato della finanza tradizionale.

Un altro caso simile è quello di Amazon, che nel lontano 2007 si è aperta al mondo finanziario con il lancio di Amazon Pay. Da allora molti altri hanno seguito questo percorso, ma sempre in una logica di soddisfazione di esigenze nei confronti dei consumatori (soprattutto nativi digitali), mai per un reale interesse ad aggredire e inglobare un intero settore. Infatti, i consumatori si dicono più attratti da una nuova offerta di servizi finanziari lanciata da un grande attore digitale piuttosto che da una grande banca. Questo ha spinto i colossi del digitale a mettere piede nel mondo della finanza. Naturalmente, c’è anche una logica finanziaria (poter intercettare margini importanti) e di profilazione della clientela (entrare in possesso di dati e informazioni finanziarie).

Nonostante questi aspetti lascino pensare a un epilogo già scritto, la partita è ancora aperta. Gli istituti di credito hanno dei punti di forza particolarmente rilevanti, quali le competenze specialistiche necessarie a operare in un settore altamente regolamentato. Le grandi banche possono ancora ritenersi in vantaggio, soprattutto se sapranno evolvere digitalmente. Purtroppo lo stesso non si può dire delle realtà più piccole, effettivamente minacciate da quanto sta accadendo in quanto non hanno un brand forte e in molti casi non hanno le possibilità di investire nel digitale, fattori che le rendono molto vulnerabili al cambiamento.

di Alida Carcano

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