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Bella Italia

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All’estero l’Italia è, e sempre sarà, vista con l’equazione Belpaese-bellezza-bella vita. Sta a noi capire che questo, oltre a non rappresentare niente di male, nasconde un’enorme opportunità di crescita, ancora mal sfruttata.
italia Belpaese
Nella bella e pluripremiata serie televisiva americana “The Morning Show”, prodotta da Apple per il suo servizio di streaming tv, uno dei protagonisti (caduto in disgrazia) si rifugia nel suo buen retiro in Italia. Parliamo di personaggi più che benestanti, con case in campagna, dimore e ville. Amanti del bello e del lusso, insomma. Certo non a caso, il palcoscenico di questa fuga dai guai narrati nella storia è l’Italia. In particolare, il lago di Como, che da anni nell’immaginario statunitense è diventato una specie di paradiso in terra, agognato dalla gente comune sulla scia dei grandi nomi di Hollywood o del jet set. Non manca nulla, nelle scene girate nel nostro Paese, dell’armamentario comune sullo Stivale: il sole, il contrasto con l’abbacinante blu del lago, una bellezza struggente e da cartolina, i bar, il gelato, la gente seduta ai tavolini, anche l’inevitabile Mussolini quando si tratta di offendere l’italiano di turno. Prima reazione, lo confesso, un fastidio diffuso: siamo ancora lì? Alla pizza e mandolino, declinati nelle solite forme? Proviamo, però, a prendere fiato e a ragionare in modo oggettivo sulle scelte estetiche dello show firmato anche da Jennifer Aniston. Noi, per centinaia di milioni di persone nel mondo, siamo esattamente quello. E non c’è proprio nulla di male. Siamo la bellezza, la storia, l’eleganza naturale dei luoghi e quella acquisita dalle persone in secoli di abitudine all’arte e allo stile. Un’Italia che gli stranieri cercano ossessivamente e che dovremmo saper dar loro sempre di più. Per mero calcolo economico, tanto per cominciare, ma anche perché – sia pur in superficie e in modo limitato – quella cartolina parla di noi. L’impatto con la bellezza italiana e la nostra way of life è scioccante per chi sia cresciuto, per esempio, tra le strade di Milwaukee. Con il dovuto rispetto. Dobbiamo imparare a prenderne atto, senza vivere con fastidio l’inevitabile quota di luogocomunismo che ci accompagna. Se resta più che comprensibile l’insofferenza a essere associati alla saga de “Il padrino”, non riusciamo a scorgere aspetti realmente negativi nell’equazione Belpaese-bellezza-bella vita. Semmai, invece di risentirci per nulla, dovremmo chiederci con brutale onestà per quale motivo non siamo quasi mai riusciti a creare brand in grado di interpretare questa voglia d’Italia a livello globale. Non dovremmo infastidirci delle cartoline dal lago di Como, per quanto ingenue, ma del fatto che le catene globali della pizza siano tutte straniere. Questo dovrebbe intimamente offenderci. Come è moderatamente scandaloso che solo negli ultimi anni si sia riusciti a realizzare business sul caffè, in dimensioni industriali. L’individualismo e una certa idiosincrasia a lavorare in squadra sono indubbiamente parte di quel fascino globale che ci insegue, ma negli affari ci condanna a una dimensione lillipuziana buona per i turisti innamorati dell’idea che hanno di noi. Non certo per cavalcare l’incredibile forza del brand Italia. Non dimentichiamo, a tal proposito, l’impatto visual – si direbbe oggi – di quest’ultimo, che affonda le sue radici nell’era d’oro del nostro cinema. Dal neorealismo ai trionfi felliniani, fino all’innamoramento per un Paolo Sorrentino. Non sarebbe male trasferire questa capacità anche nelle produzioni televisive, che sono decisive nel formare le immagini collettive del mondo di oggi. Ottimo “The Morning Show”, ma è necessaria anche una mano italiana nel disegnare il quadro. di Fulvio Giuliani

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