Fosse per noi proibiremmo l’uso del concetto di bonus. Porta con sé l’immagine tronfia di politici che si esprimono con approssimazione e regalano soldi altrui. A parte il nome, però, il ministro Daniele Franco, a proposito del 110% a sostegno delle spese edilizie, ha osservato giustamente che non si può prorogarlo all’infinito: costa troppo ed è pericoloso.
La scadenza può essere allungata un poco perché era, oltretutto, concepito male e quindi è partito ben dopo la sua entrata in vigore, ma questo non significa si possa stabilizzare. Un conto è dare una spinta all’edilizia, un altro il drogarla a tempo indefinito, correndo il rischio di far crescere bolle e specializzazioni nel raggiro e nella speculazione. È il principio del fertilizzante che si mette nei vasi in balcone: la giusta dose, al giusto tempo, assicura fiori rigogliosi, ma bidoni quotidiani non trasformano una margherita in un baobab, piuttosto la schiantano.
A questo si aggiunga il costo (anche del fertilizzante), perché incentivare senza limiti temporali significa creare l’industria dell’agevolazione, quindi rendere sempre più potente il risucchio dalle casse pubbliche. Il che, oltre tutto, va spiegato a chi ci aiuta a tenere in equilibrio un enorme e squilibrato debito pubblico ma che non ha le agevolazioni che qui si distribuiscono. Tanto più che sente dire che in Italia non si voglia rivedere il catasto per non penalizzare le case (!?), cui nel frattempo si destinano spese. Potrebbe non capire. O, peggio, capire.
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