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Caporalato abitativo: fare i soldi con i disperati

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Un mercato florido che si nutre di disperazione, di illegalità. Che va avanti con il passaparola, che genera situazioni al limite. Lo chiamano ‘caporalato abitativo’

caporalato abitativo

Caporalato abitativo: fare i soldi con i disperati

Un mercato florido che si nutre di disperazione, di illegalità. Che va avanti con il passaparola, che genera situazioni al limite. Lo chiamano ‘caporalato abitativo’

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Caporalato abitativo: fare i soldi con i disperati

Un mercato florido che si nutre di disperazione, di illegalità. Che va avanti con il passaparola, che genera situazioni al limite. Lo chiamano ‘caporalato abitativo’

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Un mercato florido che si nutre di disperazione, di illegalità. Che va avanti con il passaparola, che genera situazioni al limite. Lo chiamano ‘caporalato abitativo’ ed è un universo di cui non si parla molto. Immigrati senza documenti che non riescono a trovare stanze in affitto neanche quando hanno tutto in regola. E allora si affidano a connazionali – o a italiani proprietari di innumerevoli immobili – che si fanno pagare per camere o persino semplici materassi, in appartamenti dove alla fine si ritrovano assiepate tante persone in condizioni precarie. Palazzi fatiscenti, nessuna norma di sicurezza, appartamenti che non potrebbero neanche essere abitabili e dove invece ci si ritrova davanti a tre o quattro individui in una sola stanza, otto in un bilocale, con un bagno e una cucina da condividere.

Pagano in contanti, ovviamente. E sono i più disperati oppure quelli che non hanno i documenti in regola. Il risultato è che poi ci si ritrova davanti a palazzoni in cui non si sa chi ci sia dentro, dove per uno che se ne va ne arrivano chissà quanti altri, dove scoppiano incendi, si spaccia, si dorme per terra con un soffitto sopra la testa che quasi crolla a pezzi. È un problema di sicurezza, certo. Ma è anche un’altra faccia di quello sfruttamento degli immigrati di cui si parla di più quando riguarda il lavoro in nero e di meno per quest’altro mercato, che frutta parecchi soldi e di cui sono responsabili anche molti ‘palazzinari’ nostrani.

Il problema è che – come per altre situazioni che finiscono per incancrenirsi – anche in questi casi ci si ritrova poi di fronte a circostanze in cui bisognerebbe mandare via tutti, ripristinare la legalità e punire chi in questo modo si arricchisce. Ma spesso questo mercato si muove con il passaparola, l’amico che lo dice all’amico che paga l’affitto all’amico e via discorrendo. Sullo sfondo c’è una realtà che è inutile negare: ci sono proprietari di immobili italiani che preferiscono non affittare a immigrati. Anche quando lavorano, anche quando sono in regola. Perché le vittime di questo ‘caporalato abitativo’ non sono soltanto quelli che hanno qualche problema con la legge o che non hanno un lavoro. Sono anche ragazzi che studiano, che provano a farsi strada in un Paese che – siamo onesti – per molti rimane inospitale.

Sono necessari controlli più stringenti, anzitutto su chi possiede molti appartamenti in quartieri magari complicati. Perché è facile intuire che sono spesso loro a trasformare quegli immobili in un business di cui si vede soltanto la punta dell’iceberg. È necessario che si intervenga prima che le situazioni sfuggano di mano. Chi vede queste realtà, chi abita nei quartieri dove soffitte e cantine sono trasformati in dormitori, lo sa e spesso lo segnala. Solo che troppo spesso si preferisce far finta di non vedere. Ma chiudere gli occhi non può mai essere una soluzione.

di Annalisa Grandi

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